Bova. Memoria scolpita

Ci sono luoghi che, una volta raggiunti, ti conducono indietro nel tempo; posti che ti raccontano storie di un passato che accarezza il presente. È  il caso di Bova − uno dei “borghi più belli d’Italia” −, cuore della civiltà grecanica. È la Calabria che non ti aspetti: terra di cultura, tradizioni e folclore. Le antichissime origini di Bova − abbarbicata sulla roccia a 820 metri sul livello del mar Ionio − sono testimoniate dai ritrovamenti di armi in silicio dell’epoca neolitica, di schegge di ossidiana e frammenti di vasi risalenti alla prima fase della colonizzazione greca dell’Italia meridionale. Passeggiando nel centro storico, tra vicoli e strette viuzze, è possibile ammirare pregevoli architetture: i palazzi nobiliari sorti nel XVIII secolo (Palazzo Mesiani-Mazzacuva e palazzo Nesci di Sant’Agata che si affaccia su Piazza Roma, cuore del paese) e i tanti edifici di culto che puntellano il borgo (il Santuario di San Leo, la chiesa di San Rocco, la chiesa di Santa Caterina, la Chiesa dell’Immacolata, la Chiesa del Carmine, la Chiesa dello Spirito Santo e la Cattedrale di origine normanna − dedicata a S. Maria Isodia –, realizzata su una precedente costruzione bizantina. Al suo interno è custodita la statua della Madonna col Bambino, risalente al 1584 e attribuita a Rinaldo Bonanno.)

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Inebriati dal profumo delle zagare e dei gelsomini, arriviamo sulla cima del Monte Rotondo. Qui sono visibili i ruderi dell’antico castello normanno, in parte scavato nella roccia. Unico il panorama che si gode da quassù. Lo sguardo segue la curva dell’estrema punta d’Europa; le onde del mare che si rincorrono; il profilo delle coste siciliane e l’Etna che, imponente, si staglia sullo sfondo. La mente viaggia, perdendosi nell’eco delle mille voci del passato. Bova è un paese che vuole custodire il proprio retaggio culturale. È ancora possibile sentire il ticchettio del vecchio telaio; lana, lino, cotone e ginestra, raccolta sulle pendici aspromontane, sono elementi che vengono lavorati in modo artigianale dalle tessitrici. I tessuti vengono di solito prodotti nella forma di teli rettangolari che cuciti a tre a tre costituiscono le coperte “vutane”. E’ ancora viva anche la lavorazione del legno: durante le settimane di permanenza sui monti, i pastori intagliano gli oggetti nel legno di ulivo e di arancia, decorati con i simboli ricorrenti del sole, della luna, con motivi floreali e geometrici. Così sono creati: cucchiai (mistre), stampi per dolci (plumia) e formaggi (musulupare), collari per capre, stecche per busto. Non resta che lasciarsi tentare dalla voglia di visitare questo borgo. Se sceglierete di farlo nel mese di Agosto potreste trovarvi coinvolti in un’interessante serata del “Paleariza” (antica radice), festival etno-culturale-musicale che anima i paesi dell’area grecanica. Calòs irtete stìn Chòra tu Vùa (Benvenuti a Bova). Curiosità: Secondo la leggenda, Bova è stata fondata da una regina armena, che  avrebbe guidato le sue genti sul monte Vùa − detto così perché luogo adibito al pascolo dei buoi. La regina lasciò l’impronta del suo piede impressa in una roccia del Castello. La legenda narra che se l’orma fosse coincisa con quella del piede di una giovane fanciulla, la fortunata avrebbe trovato il tesoro della regina.

Adele Sergi

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