Santa Barbara è la santa che rappresenta la capacità di affrontare il pericolo con fede, coraggio e serenità anche quando non c’è alcuna via di scampo. È stata eletta, per questo, patrona dei Vigili del Fuoco in quanto protettrice di coloro che si trovano “in pericolo di morte improvvisa”.
Barbara nacque a Nicomedia nel 273 d.C. e si distinse per l’impegno nello studio e per la riservatezza, qualità che le giovarono la qualifica di ‘barbara’, cioè straniera, non romana. Tra il 286-287 Barbara si trasferì nella villa rustica di Scandriglia, oggi in provincia di Rieti, al seguito del padre Dioscoro, collaboratore dell’imperatore Massimiano Erculeo. Il padre aveva destinato Barbara in sposa al prefetto di Nicomedia, ma lei rifiutò di sposarsi. Il padre furente la fece processare e condannare a morte a causa della sua fede cristiana. La ragazza fu così costretta a rifugiarsi in un bosco dopo aver distrutto i simulacri degli dei nella villa del padre.
Trovata, fu consegnata al prefetto Marciano e fu rinchiusa in una cella della fortezza di Nicomedia. Nella prigione, un giorno, si sprigionò un incendio: Barbara uscì viva dalle fiamme.
Durante il processo, che iniziò il 2 dicembre 290, Barbara difese il proprio credo ed esortò Dioscoro, il prefetto ed i presenti a ripudiare la religione pagana per abbracciare la fede cristiana. Questo le costò dolorose torture. Il 4 dicembre infine, fu decapitata con la spada dallo stesso Dioscoro, che fu colpito però da un fulmine. La tradizione invoca Barbara contro i fulmini, il fuoco e la morte improvvisa. I suoi resti si trovano nella cattedrale di Rieti.
Esistono molte redazioni in greco e traduzioni latine della passio di Barbara; si tratta, però, di narrazioni leggendarie, il cui valore storico è molto scarso, anche perché vi si riscontrano non poche divergenze. In alcuni racconti, infatti, il suo martirio è posto sotto l’impero di Massimino il Trace (235-38) o di Massimiano (286-305), in altre, invece, sotto quello di Massimino Daia (308-13).
Né maggiore concordanza esiste sul luogo di origine, poiché si parla di Antiochia di Nicomedia e infine, di una località denominata ‘Heliopolis ‘, distante 12 miglia da Euchaita, città della Paflagonia. Nelle traduzioni latine, la questione si complica maggiormente, perché per alcune di esse Barbara sarebbe vissuta nella Toscana, e, infatti, nel Martirologio di Adone si legge: ‘In Tuscia natale sanctae Barbarae virginis et martyris sub Maximiano imperatore’.
Ci si trova, quindi, di fronte al caso di una martire il cui culto fin dall’antichità fu assai diffuso, tanto in Oriente quanto in Occidente; per quanto riguarda le notizie biografiche, invece, si possiedono scarsissimi elementi: il nome, l’origine orientale, con ogni verosimiglianza l’Egitto, e il martirio. La leggenda, poi, ha arricchito con particolari fantastici accanto ad elementi reali, la vita della martire: si tratta di particolari che hanno avuto un influsso sia sul culto sia sull’iconografia.
Il padre di Barbara, Dioscoro, fece costruire una torre per rinchiudervi la bellissima figlia richiesta in sposa da moltissimi pretendenti. Ella, però, non aveva intenzione di sposarsi, ma di consacrarsi a Dio. Prima di entrare nella torre, non essendo ancora stata battezzata e volendo ricevere il sacramento della rigenerazione, si recò in una piscina d’acqua vicino alla torre e vi si immerse tre volte dicendo: ‘Battezzasi Barbara nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo’. Per ordine del padre, la torre avrebbe dovuto avere due finestre, ma Barbara ne volle tre in onore della S.ma Trinità. Il padre, pagano, venuto a conoscenza della professione cristiana della figlia, decise di ucciderla, ma ella, passando miracolosamente fra le pareti della torre, riuscì a fuggire.
Nuovamente catturata, il padre la condusse davanti al magistrato, affinché fosse tormentata e uccisa crudelmente. Il prefetto Marciano cercò di convincere Barbara a recedere dal suo proposito; poi, visti inutili i tentativi, ordinò di tormentarla avvolgendole tutto il corpo in panni rozzi e ruvidi, tanto da farla sanguinare in ogni parte. Durante la notte, continua il racconto seguendo uno schema comune alle leggende agiografiche, Barbara ebbe una visione e fu completamente risanata. Il giorno seguente il prefetto la sottomise a nuove e più crudeli torture: sulle sue carni nuovamente dilaniate fece porre piastre di ferro rovente.
Una certa Giuliana, presente al supplizio, avendo manifestato sentimenti cristiani, venne associata al martirio: le fiamme, accese ai loro fianchi per tormentarle, si spensero quasi subito. Barbara, portata ignuda per la città, ritornò miracolosamente vestita e sana, nonostante l’ordine di flagellazione. Infine, il prefetto la condannò al taglio della testa; fu il padre stesso che eseguì la sentenza. Subito dopo un fuoco discese dal cielo e bruciò il crudele padre, di cui non rimasero nemmeno le ceneri.
L’imperatore Giustino, nel VI sec. d.C. avrebbe trasferito le reliquie della martire dall’Egitto a Costantinopoli; qualche secolo più tardi i veneziani le trasferirono nelle loro città e di qui furono recate nella chiesa di San Giovanni Evangelista a Torcello (1009).
Il culto della martire fu assai diffuso in Italia, probabilmente importato durante il periodo dell’occupazione bizantina e si sviluppò poi durante le Crociate. Se ne trovavano tracce in Toscana, in Umbria, nella Sabina. A Roma, poi, secondo la testimonianza di Giovanni Diacono (Vita, IV, 89), San Gregorio Magno, quando era ancora monaco, amava recarsi a pregare nell’oratorio di Santa Barbara. Il testo, però, ha valore solo per il IX sec.; comunque, è certo che in questo secolo erano stati costruiti oratori in onore di Barbara, dei quali fa testimonianza il Liber Pontificalis (ed. L. Duchesne, II, pp. 50, 116) nelle biografie di Stefano IV (816-17) e Leone IV (847-55).
Barbara è particolarmente invocata contro la morte improvvisa (allusione a quella del padre, secondo la leggenda), la sua protezione fu poi estesa a tutte le persone che erano esposte nel lavoro al pericolo di morte istantanea, come gli artificieri, gli artiglieri, i carpentieri, i minatori. Non a caso, nelle navi da guerra il deposito delle munizioni è denominato ‘Santa Barbara’ Oggi è venerata come protettrice dei Vigili del Fuoco e la sua festa è celebrata il 4 dicembre.
La preghiera
Iddio, che illumini i cieli e colmi gli abissi,
arda nei nostri petti, perpetua,
la fiamma del sacrificio.
Fa più ardente della fiamma
il sangue che scorre nelle vene,
vermiglio come un canto di vittoria.
Quando la sirena urla per le vie della città,
ascolta il palpito dei nostri cuori
votati alla rinuncia.
Quando a gara con le aquile
verso Te saliamo,
ci sorregga la Tua mano piagata.
Quando l’incendio, irresistibile avvampa,
bruci il male che si annida nelle case degli uomini,
non la ricchezza che accresce la potenza della Patria.
Signore, siamo i portatori della Tua croce,
e il rischio è il nostro pane quotidiano.
Un giorno senza rischio non è vissuto,
poichè per noi credenti la morte è vita,
è luce: nel terrore dei crolli,
nel furore delle acque,
nell’inferno dei roghi.
La nostra vita è il fuoco,
la nostra fede è Dio
Per Santa Barbara Martire.
comunicato stampa – fonte: https://www.vigilfuoco.it/direzione-regionale-vigili-del-fuoco-piemonte/notizie/santa-barbara-celebrata-la-patrona-dei-vigili-del-fuoco