(DIRE) Roma, 21 Nov. – “L’Italia è diciottesima in Europa per spesa in ricerca e sviluppo, con l’1,33% in rapporto al PIL (l’obiettivo nell’Unione Europea è il 3%), ma anche con poche risorse a disposizione il valore della produzione scientifica del nostro Paese è ai vertici a livello internazionale. L’Italia, infatti, è responsabile del 31% dei 2.169 studi autorizzati in Europa nel 2022 e continua a rappresentare un attore protagonista nella ricerca clinica del Continente. Resta, però, il nodo cruciale dei ritardi nell’accesso alle nuove terapie. Oggi, tra l’autorizzazione a livello europeo e la rimborsabilità a livello nazionale, trascorre ancora troppo tempo. Servono infatti circa 14 mesi (424 giorni), un valore in linea con quello medio europeo (432 giorni per UE-13+Inghilterra) e migliore rispetto a Francia (527) e Spagna (661), ma nettamente peggiore della Germania (126), che è la più rapida nel rendere disponibili le nuove terapie”.
È quanto emerso oggi a Roma in occasione del Convegno Nazionale dal titolo ‘Il valore dell’innovazione e della ricerca clinica’, organizzato da FOCE (ConFederazione degli Oncologi, Cardiologi e Ematologi). L’evento è in corso presso il Roma Eventi Fontana di Trevi. Secondo gli esperti, dunque, servono da un lato più risorse da destinare alla ricerca scientifica, dall’altro nuovi modelli per velocizzare l’accesso all’innovazione: “In Italia, nel 2022, sono stati 663 gli studi clinici autorizzati- ha spiegato il professor Francesco Cognetti, presidente FOCE- La maggior parte delle sperimentazioni sono in fase III (41%), va però evidenziato l’incremento del 14,5% degli studi di fase I rispetto al 2021, a indicare una crescente propensione all’innovazione con maggiori sforzi nello sviluppo di nuove molecole. Ogni anno, in Italia, sono circa 40mila i cittadini coinvolti nelle sperimentazioni. Due terzi dei trial interessano le neoplasie, le malattie ematologiche e cardiovascolari, che tra l’altro producono i due terzi della mortalità annuale.
La ricerca clinica è un motore di sviluppo economico e sociale, che può offrire un contributo importante al recupero dell’attuale crisi del sistema. È infatti dimostrato che un euro investito in uno studio clinico ne genera quasi 3 (2,95) in termini di benefici per il Servizio Sanitario Nazionale, grazie ad esempio ai costi evitati per l’erogazione a titolo gratuito di terapie sperimentali e prestazioni diagnostiche alle persone arruolate nei trial. Ma l’Italia investe ancora troppo poche risorse in quest’area”. La spesa dell’Unione europea per ricerca e sviluppo nel 2022, è emerso ancora dal Convegno Nazionale FOCE, ha raggiunto i 352 miliardi di euro. È quasi il doppio rispetto al 2012. I Paesi che investono più risorse, con percentuali superiori al 3% sul PIL, sono Belgio (3,44%), Svezia (3,40%), Austria (3,20%) e Germania (3,13%).
L’Italia è diciottesima e non arriva all’1,5%: nel 2021 aveva investito l’1,43%, nel 2022 solo l’1,33%. “Inoltre- ha proseguito il professor Cognetti- il tempo medio richiesto per l’autorizzazione di un nuovo farmaco in Italia è di circa 14 mesi, a cui si sommano ulteriori periodi necessari per l’inclusione nei Prontuari Terapeutici Regionali. Questo passaggio deve essere eliminato perché rappresenta un oltraggio all’art.32 della Costituzione. Il ritardo, infatti, può arrivare fino a quasi due anni, un intervallo che risulta eticamente insostenibile, anche se in linea con i tempi medi che si registrano a livello europeo. Devono essere definiti nuovi modelli, per rispondere alle esigenze dei pazienti. Una via può essere rappresentata da un miglior utilizzo delle risorse del Fondo dei farmaci innovativi, che negli ultimi anni non sono state usate in modo completo”. (Cds/Fde/ Dire) 10:56 21-11-24