(DIRE) Roma, 19 Lug. – La sanità in mare è anche e soprattutto soccorso umanitario. Lo racconta con emozione, intervistata dalla Dire, Raffaella de Paola, Capitano di Fregata e capo sezione delle operazioni sanitarie della Squadra navale della Marina militare. Era imbarcata per la grande esercitazione ‘Mare Aperto’, quando “Nave Vulcano viene inviata in Medio Oriente per il soccorso alla popolazione palestinese. Abbiamo ricoverato (con l’operazione Levante, ndr) 88 bambini, con mamme e fratelli. Erano denutriti, con postumi di traumi di guerra, ferite infette e molti interventi ortopedici. All’inizio erano diffidenti- ricorda- non è stato facile.
Poi dopo appena due giorni la situazione si è ribaltata: con il nostro spirito italiano abbiamo portato giochi, allegria e anche le mamme si sono affidate”. La sanità in mare, la gestione di calamità, traumi, epidemie – come il Covid ha mostrato – ha bisogno di un grande addestramento. “Due volte l’anno- ricorda De Paola- con ‘Mare Aperto’ addestriamo anche la parte sanitaria. A Cagliari, con la Brigata San Marco, Ares 118 e la Protezione civile abbiamo simulato una grande esercitazione anche con feriti ed evacuazioni”.
E’ sempre prevista la sostituzione di personale a bordo, ad esempio con trasporto su elicotteri previsto sulle unità navali. Ma anche in piena pandemia non è stato necessario mettere in quarantena navi, ma è bastato isolare i militari contagiati. Si viene imbarcati da giovani medici, “subito dopo l’università” spiega De Paola, che ricorda la sua prima gestione di dolore toracico per un infarto, una vita salvata. “Ritrovarsi da soli con un equipaggio in mare- racconta- Sono momenti molto intensi”. Che a ricordarli l’emozione sale in gola. (Sim/ Dire) 09:09 19-07-24