(DIRE) Palermo, 2 Lug. – Il cuore, pulsante e battente, arriva a Palermo in una scatola e viene trapiantato ad un paziente in lista d’attesa da due anni. L’intervento, il primo realizzato nel sud Italia grazie alla tecnologia ‘Heart in the box’, è stato eseguito all’Ismett. La tecnologia messa a punto negli Stati Uniti è stata utilizzata fino ad ora nei migliori centri trapianti di Europa e Nord America. “Il cuore – spiega Sergio Sciacca, responsabile del Programma di Trapianto di Cuore di Ismett – è arrivato presso il nostro centro trasportato in una sorta di scatola sterile, un dispositivo all’interno del quale l’organo è perfuso con il sangue del donatore e continua a pulsare.
Con questa tecnologia si riducono i tempi di sofferenza ischemica dell’organo cardiaco, perché durante il trasporto il muscolo cardiaco continua a ricevere sangue ed ossigeno per le proprie funzioni metaboliche. E’ possibile, inoltre, eseguire controlli biochimici ed acquisire dati che assicurino sulla buona funzionalità del cuore una volta trapiantato”. Il prelievo è stato eseguito da un’equipe di Ismett composta da cardiochirurghi (Sergio Sciacca e Matteo Greco), perfusionisti (Andrea Giunta e Rosi Longo) e un infermiere di sala operatoria (Giancarlo Cappello).
L’organo prelevato è stato collegato al dispositivo ed irrorato durante un lungo viaggio di circa 6 ore, continuando a battere fino all’arrivo in sala operatoria all’Ismett. “Ringrazio le istituzioni e il grosso supporto del Centro regionale trapianti che hanno permesso tutto ciò – afferma Michele Pilato, direttore del dipartimento di Cardiochirurgia e Trapianto di cuore di Ismett -. Grazie ad un grande lavoro di squadra, che coinvolge anche le rianimazioni del territorio coordinate dal Crt, il numero di trapianti di cuore nel 2024 ha avuto un eccezionale incremento, che pone il nostro centro e la Sicilia tra i primi in Italia per volumi di pazienti trattati.
Avere a disposizione questa tecnologia d’avanguardia ci consentirà di andare oltre, di valutare un maggior numero di organi e di estendere le indicazioni al loro utilizzo, dando maggiori risposte alla nostra popolazione di pazienti con insufficienza cardiaca terminale in attesa di un trapianto di cuore salvavita”. Normalmente, il cuore prelevato viene arrestato con una soluzione fredda cardioplegica e trasportato non battente, in borse termiche, alla temperatura di quattro gradi per poter raggiungere la sede in cui verrà trapiantato nel ricevente.
Con questa tecnica, il tempo massimo di conservazione del cuore, chiamato anche tempo di ischemia, è all’incirca di quatto ore; oltre questo lasso di tempo, vi è un alto rischio di inadeguata ripresa della funzione contrattile dell’organo trapiantato, a causa della eccessiva fase di ischemia subita durante il trasporto. La tecnologia ‘Heart in the box’ consente, invece, di azzerare quasi totalmente il tempo di ischemia permettendo, dunque, di trapiantare organi prelevati anche in posti lontani rispetto al Centro trapianti. Ridurre drasticamente i tempi di ischemia non è, però, l’unico vantaggio fornito da questo tipo di tecnologia.
Grazie a questa metodica, infatti, i cardiochirurghi possono monitorare tutti i valori dell’organo, valutare lo stato di salute del cuore in tempo reale, intervenire per modificare i parametri emodinamici e metabolici con l’obiettivo di migliorare la funzionalità dell’organo, ma anche valutare con maggiore tempo a disposizione se rinunciare al trapianto, qualora il cuore donato sia ad alto rischio di disfunzione. “Il ricevente – spiega ancora Sciacca- era un paziente complesso perché già portatore di un Supporto ventricolare sinistro (il cosiddetto cuore artificiale, ndr) quindi con una preparazione intraoperatoria particolarmente delicata e complessa. Il paziente sta bene, è ancora ricoverato presso Ismett, ma il feedback immediato è di un’ottima ripartenza della funzione cardiaca e di un decorso post-operatorio regolare”. (Com/Sac/Dire) 11:45 02-07-24