Ageismo, è emergenza sociale: Manifesto Europeo per contrastare pregiudizi e discriminazioni in base all’età

L’appello rivolto ai candidati alle Elezioni Europee. Per l’OMS l’ageismo è la terza causa di discriminazione nel mondo, in Europa ne è vittima una persona su tre e il 42 per cento degli anziani si sente discriminato per l’età. È causa di oltre 6 milioni di casi di depressione e alimenta gli abusi che colpiscono 1 anziano su 6. Il Manifesto, firmato oggi presso il Parlamento Europeo a Roma da oltre 20 organizzazioni, sintetizza in 9 punti come intervenire. Eleonora Selvi, Presidente di Fondazione Longevitas: «L’Europa e gli stati membri mettano in campo politiche concrete».

Roma, 28 maggio 2024 – L’età anagrafica come oggetto di stigma e pregiudizio, come se l’essere anziani fosse di per sé un limite, una condizione invalidante, una differenza in termini negativi. Si chiama “ageismo” ed è un fenomeno non ancora messo a fuoco nel dibattito politico e culturale e che sembra inarrestabile.

E in una società longeva come quella europea il problema diventa critico, perché rischia di bloccarne lo sviluppo, minando le relazioni intergenerazionali. Servono politiche mirate e più incisive, e allo stesso tempo trasversali a ogni livello della nostra comunità. È questo il messaggio del “Manifesto Europeo contro L’Ageismo” presentato oggi presso il Parlamento Europeo a Roma da Fondazione Longevitas con altre 21 organizzazioni firmatarie del documento. 

Un appello che giunge anche a pochi giorni dalle elezioni europee per chiedere ai candidati al Parlamento Europeo l’impegno a sottoscriverlo e a porre il contrasto all’ageismo come una priorità dell’agenda istituzionale. Secondo il Rapporto Globale sull’Ageismo presentato il 18 marzo 2021 dal Comitato Economico e Sociale Europeo in collaborazione con l’Organizzazione Mondiale della Sanità, l’Ufficio dell’Alto Commissario delle Nazioni Unite per i Diritti Umani, il Dipartimento delle Nazioni Unite per gli Affari Economici e Sociali e il Fondo delle Nazioni Unite, circa il 42 per centro della popolazione anziana europea avverte la presenza diffusa di discriminazione legata all’età nel proprio paese, con particolare rilevanza sul luogo di lavoro.

 Una persona su tre in Europa, sia giovane che anziana, dichiara di essere stata vittima di ageismo. L’ageismo produce impatto in termini di limiti al diritto alla salute, escludendo spesso gli anziani dalle cure solo in base al criterio d’età, e ancora in tanti ambiti del vivere, come il lavoro, rispecchiandosi, e alimentandosi, nei media e sui social: gli anziani costituiscono solo l’1,5 per cento dei personaggi in televisione negli Stati Uniti, solo 8,5 per cento dei personali principali in tv in Germania, il 12 per centro dei tweet secondo un’analisi contiene linguaggio ageista. L’impatto sulla salute è enorme, si stima che vi siano ben 6,33 milioni di casi di depressione nel mondo attribuibili ad ageismo, e anche sull’inaccettabile fenomeno degli abusi, che colpisce il 15,7 per cento degli anziani, ovvero quasi 1 su 6.

Anche alla luce di questi numeri drammatici, la lotta contro l’ageismo costituisce una delle quattro principali azioni del Decennio dell’Invecchiamento in Buona Salute (2021-2030) delle Nazioni Unite. Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità l’ageismo è la terza principale causa di discriminazione a livello mondiale. Ma il vero e proprio piano di contrasto al fenomeno, con strumenti mirati, è ancora tutto da costruire.

«L’agesimo, per le conseguenze serie e di ampia portata che ha sulla salute, sul benessere e sui diritti umani, è una delle grandi sfide del nostro tempo – dichiara la Presidente della Fondazione Longevitas Eleonora Selvi – Per gli anziani tale fenomeno è associato, infatti, a una vita più breve, a una salute fisica e mentale peggiore, a una ripresa più lenta da disabilità e declino cognitivo.

Riduce la loro qualità della vita, aumenta isolamento sociale e solitudine (entrambi associati a gravi problemi di salute), limita la loro capacità di esprimere la propria sessualità e può aumentare il rischio di violenza e abusi. L’ageismo, infine, può essere sperimentato anche dai più giovani, per esempio in termini di pregiudizi e discriminazioni sul lavoro, limitando la crescita personale e professionale. È un’emergenza che l’Europa, e non solo, deve affrontare con strumenti più incisivi e un’ampia visione politica: il nostro appello è quello di aderire al nostro Manifesto e mettere in campo atti politici concreti».

 Le Istituzioni europee hanno dedicato strumenti e fondi significativi, ma non sufficienti, per integrare i cittadini anziani come membri produttivi della società. Il 27 gennaio 2021 la Commissione Europea ha presentato il suo Libro Verde sull’invecchiamento demografico “Promuovere la solidarietà e la responsabilità fra le generazioni”, che conferma la necessità di azioni concrete a sostegno degli anziani in tutte le politiche, senza prevedere però un vero e proprio programma di iniziative da mettere in atto da parte dell’UE e degli Stati membri.

È invece necessario e urgente un cambio di paradigma, abbandonando la visione basata sull’assistenza e concentrandosi sullo sviluppo dell’autonomia delle persone anziane, per eliminare alla radice il pregiudizio negativo nei loro confronti e superare le sfide urgenti, compresa la solitudine, che colpisce oltre il 44 per cento degli europei sopra i 55 anni. Il “Manifesto Europeo contro L’Ageismo” presentato da Fondazione Longevitas sintetizza gli interventi necessari in 9 punti:

– l’elaborazione da parte delle Istituzioni di una strategia europea per la lotta contro l’ageismo;

– l’istituzione di una Giornata Europea contro l’Ageismo per sensibilizzare l’opinione pubblica, coinvolgere la società civile e promuovere azioni concrete;

– la promozione da parte delle Istituzioni europee e dei Governi nazionali di attività di educazione e sensibilizzazione per contrastare l’ageismo, nelle scuole, nel mondo del lavoro e complessivamente nell’opinione pubblica;

– il sostegno attivo, da parte dell’Europa, delle relazioni intergenerazionali, favorendo l’istituzione di programmi di mentoring che connettano le diverse generazioni; 

– la promozione dell’inclusione digitale delle persone anziane, come una premessa imprescindibile per promuoverne il benessere e favorirne la partecipazione sociale;

– il sostegno da parte dell’Europa agli Stati membri nelle azioni finalizzate a migliore le risposte ai bisogni di salute della popolazione anziana, per una sanità sempre più equa e accessibile; 

– l’impegno a promuovere attivamente la collaborazione internazionale, attraverso conferenze, condivisione di dati e di best practice e la stesura di specifici trattati contro l’ageismo;

– la destinazione di fondi adeguati alla ricerca scientifica sulle cause e gli effetti dell’ageismo, con un monitoraggio costante delle tendenze ad esso collegate; 

– la costruzione di partnership strategiche con il settore privato al fine di coinvolgere attivamente le imprese nella lotta all’ageismo.

«I numeri sempre crescenti di persone anziane, spesso con disabilità e non autosufficienti, ci impongono una riflessione in particolare sulle azioni, sull’organizzazione e l’implementazione di servizi che bisogna mettere in campo per garantire loro una vita partecipata e dignitosa che guardi non solo al benessere e alla salute ma anche all’autonomia della persona. – dichiara Alessandra Locatelli, Ministra per le disabilità della Repubblica Italiana – Il Patto per la Terza età e la legge delega sulla disabilità, a cui il governo ha lavorato, sono due riforme importanti che vanno a dare risposte concrete esattamente in questa direzione. Serve, però, continuare a fare rete e rafforzare la collaborazione a tutti i livelli per poter affrontare in maniera adeguata le sfide di questo tempo».

«L’ageismo ha un impatto su tutti gli aspetti della salute delle persone anziane: accorcia la durata della vita, peggiora la loro salute fisica e mentale, ostacola il recupero dalla disabilità e accelera il declino cognitivo – dichiara la Sen. Daniela Sbrollini, Vice Presidente X Commissione del Senato, Co-Presidente Intergruppo Parlamentare Qualità della vita nelle città  – L’ageismo aggrava l’isolamento sociale e la solitudine e riduce l’accesso all’occupazione, all’istruzione e all’assistenza sanitaria, tutti fattori che hanno un impatto sulla salute. Bisogna puntare a strategie efficaci per ridurre l’ageismo, quali politica e leggi apposite, istruzione e interventi di contatto intergenerazionale.

La politica e la legge possono affrontare la discriminazione e la disuguaglianza sulla base dell’età e proteggere i diritti umani. Gli interventi educativi a tutti i livelli di istruzione possono correggere idee sbagliate, fornire informazioni accurate e contrastare gli stereotipi. Bisogna ricostruire le reti di prossimità nelle città e affrontare l’invecchiamento nelle aree interne marginali, realizzando città che siano luoghi di incontro e di benessere, delle health city in cui si possa praticare movimento e attività fisica, che facilitino le relazioni e allo stesso tempo i sani stili di vita. In tutto questo non farò mancare il mio impegno a favore degli anziani e in sinergia con la Fondazione Longevitas».

«La discriminazione basata sull’età, il cosiddetto ageismo, affligge sempre di più l’Italia. – dichiara il Sen. Francesco Zaffini, Presidente X Commissione permanente (Affari sociali, sanità, lavoro pubblico e privato, previdenza sociale) del Senato della Repubblica – È un fenomeno in crescita e complesso che ha radici culturali e sociali e che comporta costi elevati, sia per le persone che per l’economia. Per l’Oms l’ageismo è la terza causa di discriminazione al mondo, basti pensare che in Europa ne è vittima una persona su tre, e dunque, paradossalmente, in una società longeva come la nostra questo fenomeno assume proporzioni ancora più grandi.

Uno dei temi principali è anche che questo tipo di discriminazione non avviene soltanto a livello sociale ma anche sanitario, perché gli anziani diventano “troppo vecchi e troppo costosi”, concetto che è ovviamente frutto di una valutazione errata che viene dal passato. Come ho più volte ripetuto, invece, essere anziani non può e non deve essere un limite o una condizione invalidante.

Per tale motivo io e la mia Commissione abbiamo licenziato un provvedimento, di cui sono stato relatore, che riporta l’anziano ad essere un cittadino di serie A, in cui lui stesso torna ad essere protagonista di tutte quelle decisioni che riguardano il suo destino, sia in termini di invecchiamento attivo che di gestione di una eventuale non autosufficienza.

Ora, a differenza del passato, ci si occuperà della presa in carico di queste persone non più solamente sotto il profilo clinico sanitario, ma ci sarà anche “una valutazione multidimensionale che tiene conto delle esigenze sociali, territoriali e persino sportive. Questo è un tema a cui questo governo pone massima attenzione, tanto da aver chiuso con questo provvedimento un percorso che durava da troppi anni. L’obiettivo è quello di far recuperare centralità alla figura dell’anziano, come oggi sta facendo anche la Fondazione Longevitas in questo convegno».

«L’invecchiare positivo è relativo al generale aumento della salute e del benessere. – dichiara il Sen. Antonio Guidi, Membro della VII Commissione permanente (Cultura e patrimonio culturale, istruzione pubblica), Membro della X Commissione permanente (Affari sociali, sanità, lavoro pubblico e privato, previdenza sociale) del Senato della Repubblica – Tuttavia, va sempre garantita la comunicazione intergenerazionale. Le misure per promuovere la longevità positiva sono trasversali e riguardano soprattutto efficaci servizi sociali e psicologici che aumentino l’interazione fra generazioni differenti. Solo con la comunicazione fra diverse età, si vive bene in tutte le età. Di solitudine si muore».

comunicato stampa e foto da Fondazione Longevitas

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