(DIRE) Roma, 7 mar. – “Ora tocca al Senato, ma sono ottimista, anche per la spinta degli Stati Uniti, che vogliono la creazione della corte”: Dounard Bondo, avvocato, giornalista e autore di base a Monrovia, parla con l’agenzia Dire all’indomani del voto della Camera dei deputati della Liberia per l’istituzione di un tribunale ad hoc per i crimini della guerra civile.
Un via libera definitivo al Senato segnerebbe una svolta sul piano giudiziario. Si stima che nel conflitto, combattuto tra il 1989 e il 2003, siano state uccise circa 200mila persone. Finora le uniche condanne per quei crimini sono state emesse da tribunali stranieri, in particolare in Francia e in Svizzera, a carico dei comandanti ribelli Kunti Kamara e Alieu Kosiah. Il nuovo presidente della Liberia, Joseph Boakai, in carica da gennaio, ha però promesso di cambiare le cose e di raccogliere le raccomandazioni della Commissione giustizia, verità e riconciliazione formulate nel 2009.
Secondo Bondo, esperto del tema, di recente autore anche per l’emittente Al Jazeera, a spiegare il voto della Camera sono più fattori. Uno di questi sono le due visite a Monrovia in cinque mesi dell’ambasciatrice Beth Van Schaack, responsabile del dipartimento di Stato americano per la “giustizia penale internazionale”. Come conferma il quotidiano Front Page Africa, la sua ultima missione in Liberia è di questa settimana, in coincidenza con l’arrivo in parlamento della risoluzione per la nascita del tribunale.
Ad avere un ruolo sarebbe però anche la storia personale del capo dello Stato, 78 anni. “Boakai è originario di Lofa, una delle contee più colpite dal conflitto civile” sottolinea l’avvocato. “Tra le sue promesse elettorali c’è stata proprio la creazione di un tribunale per i crimini di guerra”.
Ancora oggi c’è chi ritiene che siano destinati a pesare sia il gioco delle alleanze di governo sia a volte anche resistenze di politici connesse a responsabilità personali risalenti agli anni del conflitto. “Il fatto che Boakai sia stato testimone delle atrocità del conflitto inducono però a sperare che qualcosa si possa fare” sottolinea Bondo. “Il punto di partenza avrebbe anche potuto essere il ‘Palava Hut’, un sistema giudiziario per la composizione di controversie minori legate alla guerra che nel nome richiama i ‘problemi della capanna’, da risolvere con il confronto, le compensazioni e il perdono grazie alla mediazione degli anziani di villaggio”.
Il meccanismo era stato raccomandato nel 2009. A distanza di anni, però, come certificano le Nazioni Unite, le dispute composte in questo modo non hanno coinvolto non più di 500 persone tra vittime e responsabili.
Secondo Bondo, in Liberia il tema della giustizia è parte del dibattito ma forse non centrale. “Le prime richieste dei liberiani”, sottolinea l’avvocato, “hanno riguardato il miglioramento delle condizioni di vita e in particolare la creazione di opportunità di lavoro”.
(Vig/Dire) 16:01 07-03-24