Continua a ripetersi il drammatico problema degli episodi di violenza verso gli operatori sanitari. L’ultimo, in ordine di tempo, quello accaduto l’altro ieri nei riguardi del dottore Nicola Pangallo coordinatore sanitario dell’Istituto penitenziario di Arghillà, minacciato con una lametta da un detenuto nordafricano nel corso di una normale visita medica e per una terapia prescritta dallo stesso medico ma non gradita dal detenuto.
A tal proposito l’Ordine dei medici di Reggio Calabria e provincia, nell’esprimere tutta la propria solidarietà nei confronti del dottore Nicola Pangallo rimarca tutto il proprio sdegno per gli ulteriori episodi di violenza. Episodi – sottolinea il presidente dell’Ordine Pasquale Veneziano – che si stanno trasformando in una sorta di bollettino di guerra e per i quali lo stesso Ordine esprime tutta la sua preoccupazione per l’evolversi di una situazione diventata adesso davvero insostenibile”.
“Si tratta di una vera e propria escalation di una violenza, una sorta di bollettino di guerra che non accenna a diminuire e che continua a coinvolgere non soltanto la Calabria ma l’intero Paese – continua il presidente Pasquale Veneziano per il quale “occorre più sicurezza, soprattutto nelle sedi di guardia medica e sulle ambulanze. Occorre formazione, insegnando le tecniche di de-escalation e di gestione dell’aggressività, così come raccomandato dal dottore Filippo Anelli, presidente della Federazione nazionale degli Ordini dei medici. Una sorta di rivoluzione culturale che restituisca al medico, anche agli occhi dei cittadini, il suo ruolo e la sua dignità professionale. I cittadini devono sapere – conclude il Presidente – che chi insulta, minaccia o aggredisce un medico mette a rischio il diritto alla salute di tutti”.
Nel ringraziare l’Ordine per l’attenzione e la sensibilità dimostrata nei suoi confronti, il dottore Nicola Pangallo, vittima dell’aggressione, sottolinea che “si tratta di episodi frequenti in un contesto detentivo ma non è possibile generalizzare determinati atti di violenza attribuendoli a tutta la popolazione carceraria. Rimane costante – evidenzia Pangallo – l’impegno della dottoressa Lucia Di Furia, direttrice generale dell’Asp, nei riguardi della medicina penitenziaria”.