Ieri a Città del Messico, insegnati, studenti, e difensori dei diritti umani, sono scesi in piazza per chiedere una risposta da troppo tempo nascosta da quel 2 Ottobre del 1968, dove 55 anni fa, furono assassinate 300 persone nella Piazza delle Tre culture a Tlatelolco.
Tutti uccisi dalle forze di sicurezza e da membri dell’esercito, che avevano ricevuto l’ordine di attenuare la protesta che si stava svolgendo a favore della libertà, dell’autonomia educativa e in un processo di resistenza alla militarizzazione nel Paese.
La contestazione è stata voluta dal ‘Comitato 68 per le libertà democratiche‘, che da sempre mette in dubbio il lavoro svolto della Commissione per l’accesso alla verità, sottolineando che l’intenzione del Governo è quella di proteggere le forze dell’ordine e il potere miliare “lavarsene le mani e mantenerlo nella totale impunità”.
Dopo più di mezzo secolo, i manifestanti chiedono la verità e un processo, per punire i responsabili del massacro, denunciando la Procura generale della Repubblica per non aver portato avanti i procedimenti giudiziari, che da anni non hanno portato a nessuna condanna, né arresto.
Nel 1968, i messicani seguirono la scia di rivoluzione che investì il mondo quell’anno. Furono gli studenti, i primi a protestare.
Il 27 agosto, più di 200.000 studenti scesero in piazza e si accamparono nel Zócalo, ma il giorno dopo vennero cacciati dall’esercito messicano. Fu il Presidente di allora, Gustavo Díaz Ordaz, a ordinare l’occupazione del campus all’esercito.
Dopo nove settimane di manifestazioni, 15.000 studenti camminarono per le vie della città, contestando l’occupazione del campus. Durante la notte, 5.000 studenti si fermarono nella Piazza delle Tre culture a Tlatelolc, e in seguito a ciò, le forze militari e politiche con mezzi blindati e veicoli da combattimento aprirono il fuoco in piazza, colpendo coloro che stavano protestando o chi semplicemente si trovava li per caso (fonte: ansa.it).
AO