(DIRE) Roma, 31 Ago. – Almeno 183 persone sono state uccise da luglio nella regione dell’Amhara, in Etiopia, a seguito di scontri tra unità dell’esercito federale e coscritti di una milizia locale, denominata Fano: lo ha riferito l’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i diritti umani.
In un documento rilanciato dal quotidiano Addis Standard, al riguardo si esprime “preoccupazione per il deterioramento della situazione in alcune regioni dell’Etiopia”.
Gli esperti dell’Onu sottolineano che “nell’Amhara, a seguito dello scoppio di scontri tra l’esercito e la milizia regionale Fano e poi della proclamazione dello stato di emergenza il 4 agosto, la situazione è molto peggiorata”.
Secondo l’Alto commissariato, a preoccupare è anche l’ampliamento dei poteri di funzionari e ufficiali, in particolare militari e poliziotti, che adesso possono imporre coprifuoco, vietare riunioni e arrestare persone sospettate senza un mandato di cattura della magistratura.
Nel rapporto si citano “notizie secondo le quali oltre mille persone sono state arrestate in Etiopia con queste modalità”.
Secondo l’Alto commissariato, “molti di questi detenuti sarebbero giovani di origine Amhara sospettati di sostenere le milizie Fano”.
Almeno tre, sempre stando al rapporto, i giornalisti fermati per aver cercato di documentare i raid di militari e poliziotti “casa per casa”.
In un articolo pubblicato sul portale The Conversation, il politologo Yohannes Gedamu ricorda come le milizie Fano abbiano affiancato le forze federali nel conflitto contro il Fronte popolare di liberazione del Tigray (Tplf) combattuto tra il 2020 e il 2022. Secondo l’autore, lo scontro nell’Amhara è derivato dalla volontà del primo ministro Abiy Ahmed di smobilitare e di disarmare le Fano, con l’idea che forze regionali potessero essere elementi disgregatori e non più di stabilità. (Dire) 19:01 31-08-23