Accertata la discriminazione diretta: danno da perdita di chance per la possibilità di rinnovo sfumata, pari al 50 per cento. Detratta l’indennità di maternità che avrebbe ridotto l’onere del datore
Discriminata e risarcita. Ottiene il danno da perdita di chance la donna cui l’agenzia di lavoro non proroga il contratto di somministrazione a tempo determinato soltanto perché è incinta. E ciò perché si presume che la gravidanza sia l’unica ragione per cui alla lavoratrice non è stato concesso il rinnovo, riconosciuto invece ad altre colleghe per complessivi nove mesi. Il risarcimento, dunque, è determinato nella misura delle retribuzioni perdute diviso due, perché va stimata nel 50 per cento la probabilità di proroga del tempo determinato.
È quanto emerge dall’ordinanza 16445/2023 pubblicata il 12 giugno dalla sezione lavoro del tribunale di Milano. Dopo aver comunicato al datore di lavoro il proprio stato di gravidanza, alla ricorrente, lavoratrice somministrata impiegata in un appalto di pulizie, veniva comunicato che il suo contratto di lavoro somministrato a tempo determinato, già prorogato quattro volte, non sarebbe stato rinnovato.
Contemporaneamente, l’agenzia di somministrazione comunicava altresì la cessazione anticipata del rapporto di lavoro al Centro per l’Impiego, per poi rettificare la comunicazione indicando come termine la scadenza dell’ultima proroga.
Il Tribunale, anche sulla base del coevo rinnovo del contratto di altri colleghi di lavoro, ha valutato tali elementi una manifestazione univoca del fatto che la gravidanza costituisse l’unica ragione della perdita di possibilità per la lavoratrice di vedersi prorogare il contratto a termine.
Il trattamento deteriore della ricorrente rispetto alle colleghe che sono rimaste in servizio integra, quindi, una discriminazione diretta in ragione dello stato di gravidanza; l’accertata condotta discriminatoria configura il diritto della lavoratrice al risarcimento del danno per il lucro cessante costituito dalla perdita di chances.
Accolto, dunque, il ricorso proposto ex articolo 38 del decreto legislativo 198/06 proposto dalla lavoratrice: è discriminatoria la condotta dell’agenzia di somministrazione che comunica la volontà di non rinnovare il contratto il giorno successivo alla mail dell’interessata che annuncia la gravidanza, il 28 Ottobre.
La società consiglia alla donna di «andare al CAF per aprire la maternità con l’Inps». Il tutto oltre tre mesi prima della scadenza del contratto, quando l’agenzia di lavoro non può conoscere l’esigenza di personale dell’impresa utilizzatrice nell’appalto di pulizia. È soltanto con l’intervento del sindacato che il tempo determinato della donna è prorogato al 31 gennaio, mentre i contratti delle due colleghe vanno avanti fino al 30 Settembre.
Per il giudice del lavoro, infatti, di cui ha scritto il sito Cassazione.net, rileva Giovanni D’Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti”, il motivo è fondato e, al riguardo, ha ricordato che “Sussiste il fattore di rischio discriminazione a carico del datore. Di più: «elementi univoci» consentono di ritenere che per l’agenzia non ritenga «realizzabile» un contratto di lavoro con una donna incinta.
La situazione sostanziale è ormai esaurita, dunque non resta che il risarcimento: risultano prorogati due contratti su cinque, quindi il danno consiste nella perdita della possibilità di ottenere il rinnovo. Le possibilità ammontano al 50 per cento perché nessun rilievo risulta mosso alle prestazioni dell’interessata: il risarcimento è liquidato in oltre 5.300 euro, al tallone di 1.334 euro indicato nel ricorso, vale a dire l’importo delle nove retribuzioni perdute che la lavoratrice avrebbe ottenuto senza il fattore di rischio, diviso per due.
Dal ristoro, tuttavia, va detratto l’aliunde perceptum costituito dall’indennità di maternità percepita dalla lavoratrice nel medesimo periodo, che anche in costanza di rapporto di lavoro avrebbe ridotto la retribuzione a carico della società”.
c.s. – Sportello dei Diritti