Nemmeno come donna delle pulizie’ Il suo aspetto non le permette di trovare un lavoro. Lo Sportello dei Diritti: quanto i tatuaggi ti penalizzano sul lavoro?
Disperata è una donna di 46 anni, che ha tatuaggi quasi su tutto il corpo, ma ora stenta a trovare anche il lavoro più semplice. La donna gallese in questione, che ha 800 tatuaggi sul corpo a causa del suo aspetto, sta lottando per trovare lavoro. M.S. era solita pulire i bagni, ma quando ha iniziato a coprirsi il viso e il corpo con i tatuaggi, le cose si sono fatte difficili per lei sul fronte del lavoro.
“Non riesco a trovare un lavoro”, ha detto frustrata la donna di 46 anni al Daily Star. “Ho fatto domanda per pulire i bagni ma sono stato rifiutato a causa dei miei tatuaggi. Mi hanno detto che non avrei mai avuto un lavoro. Se qualcuno mi offrisse un posto, accetterei immediatamente”, ha aggiunto. S. ha iniziato a tatuare all’età di 20 anni e ne è diventato rapidamente dipendente. Una cosa tira l’altra. Nonostante le difficoltà che incontra per essere accettata, non smette di farsi tatuaggi. “Continuerò fino ai 70 anni. Ogni parte della mia pelle sarà coperta.
La mia faccia è già blu. Sembro un puffo”, ha continuato. “Vorrei diventare un detentore del record. Sto cercando di entrare nel Guinness dei primati”, ha aggiunto. Ma quanto i tatuaggi ti penalizzano sul lavoro? Le persone tatuate ricevono lo stesso trattamento di quelle non tatuate sul mercato del lavoro? I tatuaggi hanno un impatto sulle prospettive occupazionali?
Quali sono gli stereotipi più comuni associati ai tatuaggi? Quelli negativi come promiscuità, uso di droghe, crimine ecc. (Timming et al. 2017) o quelli positivi che li considerano una manifestazione artistica (body art) e un segnale di creatività (Jibuti 2018)? Il problema non è trascurabile perché i tatuaggi sono sempre più diffusi sia in Europa sia in Italia, e se in origine erano limitati a pochi gruppi specifici ad esempio marinai, galeotti e membri di alcune bande criminali, attualmente coinvolgono circa 60 milioni di persone in Europa, pari al 12% della popolazione europea (Joint Research Centre 2016), di cui quasi 7 milioni in Italia, pari al 13% della popolazione italiana (Istituto superiore di sanità 2018).
Nel nostro Paese i tatuaggi sono più comuni tra le donne (13,8% contro 11,7% degli uomini); sono più concentrati nella fascia d’età tra i 35 e i 44 anni (23,9%), ma sono ben presenti anche tra i minorenni (7,7%). Il titolo di studio più diffuso tra i tatuati è il diploma di scuola superiore (55,4%) ma anche la laurea è ben rappresentata (30,8%).Alcune recenti ricerche di economia sperimentale (ad esempio Timming et al. 2017 e Jibuti 2018) evidenziano che le persone con un tatuaggio visibile sono penalizzate (rispetto a quelle non tatuate, a parità di altre condizioni) quando si candidano per un posto di lavoro nel settore della ristorazione e in quello bancario, ma potrebbero essere avvantaggiate nei settori del marketing, della moda e dello sport.
Nelle ricerche precedenti questa disparità di trattamento non era emersa con la stessa evidenza perché i dati non erano disaggregati per settore (French et al. 2019). L’indagine di Jibuti (2018), condotta in Germania e specificamente riferita al settore bancario, mostra invece che le persone senza tatuaggi ricevono il 54% di convocazioni in più di quelle tatuate, quando si candidano per una posizione vacante. Similmente, la ricerca di Dillingh (2020) mostra che tra le persone con meno di 45 anni quelle tatuate hanno una minore probabilità di occupazione e una retribuzione inferiore rispetto a quelle non tatuate.
La questione è interessante, dal punto di vista economico, perché la discriminazione dei tatuati (positiva o negativa a seconda del settore considerato) non deriva da una caratteristica esogenamente data come il genere o l’età, ma è oggetto di scelta, cioè dipende da una decisione liberamente presa dalle persone stesse.
Per Giovanni D’Agata presidente dello “Sportello dei Diritti” forse le persone non sanno che possono essere discriminate per il loro tatuaggio, o forse lo sanno, ma lo fanno lo stesso, consapevolmente, perché per loro è più importante esprimere in tal modo la propria identità. È precisamente questa la spiegazione suggerita da Akerlof e Kranton (2000) a conferma del ruolo fondamentale dell’identità nel contesto di scelta razionale.
Tuttavia, anche sul piano della salute i problemi più comuni legati ai tatuaggi sono le allergie, le infezioni cutanee e il rischio di contrarre patologie infettive. Infatti, gli inchiostri per i tatuaggi, soprattutto quello rosso, possono causare reazioni allergiche della pelle, e le lesioni possono essere causa di vari tipi di infezioni batteriche, di piccoli rigonfiamenti chiamati granulomi o dell’ispessimento della pelle per l’eccessiva cicatrizzazione.
Le patologie infettive che possono essere trasmesse attraverso strumenti non sterilizzati e contaminati possono essere anche gravi come HIV, epatite o tetano. L’attenzione e l’informazione sono quindi le basi fondamentali nella vostra scelta, quando decidete di farvi tatuare: è ovvio che non è la pratica in sé da accusare, perché i tatuaggi sono ormai una moda e uno stile di vita per molte persone nel mondo, ma anche la passione di tanti lavoratori, ed esistono studi e professionisti che ne fanno una vera e propria arte. L’importante è sapere bene cosa comporta la scelta di ornare indelebilmente il nostro corpo e scegliere con consapevolezza per ridurre al minimo quei rischi che, purtroppo, esistono.
c.s. – Sportello dei Diritti