Dopo aver visto lo spettacolo di Aramen & Stanum al Teatro Primo di Villa San Giovanni, non è ben chiaro a cosa si è appena assistito, perchè nel congegno drammaturgico della scrittura e nelle geometrie della messa in scena si arriva al parossismo del metateatro che si fa metateatro, tanto che non si capisce bene se i due attori in scena, Silvana Luppino e Domenico Canale, fingono di avere davvero un problema con il testo e il suo autore, oppure hanno davvero un problema con la finzione del testo e del suo autore.
Insomma, quello che appare in scena è tutto vero o è tutto falso? Di certo c’è che per provare a capire cosa succede in scena gli spettatori tengono alta l’attenzione, stanno in bilico tra quelle che sembrano pure improvvisazioni e i lirismi di un testo che parla dei Bronzi di Riace in un modo mai sentito prima. Si ride, si pensa, si affonda e si riemerge.
E quando tutto sembra prendere la strada di un finale consolatorio, ecco il monologo finale della bravissima Silvana Luppino, che accompagnata dall’armonica del talentuoso Domenico Canale, ti strappa il cuore dal petto e ti fa tornare a casa con un groppo in gola.
Le luci di Guillermo Laurin colgono al meglio l’apparente follia della storia, mentre le scene e i costumi di Valentina Sofi trasformano gli intenti drammaturgici e ancora di più i due protagonisti di Aramen & Stanum, che si trasformano letteralmente nella causa del loro male.
Infine la regia di Christian Maria Parisi mescola le carte di un testo che sembra non portare a nulla, ma che nelle sue trovate sceniche riesce con maestria a rimpolpare tutto quel nulla di un senso profondo.
Federica Romeo