(DIRE) Roma, 12 giu. – Presentato oggi a Roma uno studio commissionato da Greenpeace Italia, Legambiente e WWF Italia e realizzato dal think tank ECCO e Artelys, sullo scenario di decarbonizzazione del sistema elettrico al 2035. Lo studio – che si compone di un documento che descrive le ipotesi e il risultato delle simulazioni e di una serie di raccomandazioni di policy – mostra quali caratteristiche dovrà avere un sistema elettrico italiano sostanzialmente decarbonizzato al 2035, con uno step intermedio al 2030. L’analisi affronta i bisogni in termini di produzione, tecnologie e politiche abilitanti. Lo scenario valuta il percorso più economico per garantire sia l’obiettivo di decarbonizzazione sia la sicurezza energetica. Questo obiettivo permetterà all’Italia di rispettare gli impegni G7 – presi a maggio 2022 – per un settore elettrico in massima parte decarbonizzato (‘predominantly decarbonized’) entro il 2035. Impegno ulteriormente rafforzato sotto la recente presidenza giapponese in “a fully or predominantly decarbonised power sector by 2035”. Dallo studio emerge: la necessità di un incremento di oltre 90 GW di rinnovabili rispetto alla capacità installata del 2021. Una cifra di poco superiore agli 85 GW già prefigurati da Elettricità Futura; l’urgenza di un netto cambio di passo rispetto agli attuali livelli di installazione annua di capacità rinnovabile (circa 8 volte di più). L’obiettivo è arrivare al 2035 a circa 250 GW di capacità installata rinnovabile (circa 160 nel 2030), per quasi 450 TWh di produzione nazionale – (quasi 350TWh nel 2030); che la flessibilità avrà un ruolo decisivo su diverse scale temporali (giornaliera, settimanale, stagionale) e richiederà un mix di tecnologie, inclusa la flessibilità della domanda (demand response), accumuli, reti ed elettrolizzatori; che il contributo della generazione a gas fossile nel 2035 sarà pressoché nullo (54 TWh nel 2030). Alcuni impianti di generazione termoelettrica saranno ancora usati con alimentazione a idrogeno e biogas. Lo scenario: non prevede alcun ricorso al Carbon Capture and Storage (CCS). Tecnologia eccessivamente onerosa e dipendente da sinergie con la filiera di petrolio e gas; pone limiti alla quantità di energia importata. Per evitare che il sistema, anche in coerenza con gli obiettivi di sicurezza energetica, si affidi eccessivamente ad approvvigionamenti energetici dall’estero; presuppone il raggiungimento di un livello di investimento in batterie non inferiore alle stime fatte dai gestori di rete europei; pone un tetto alla capacità di generazione elettrica da biomasse; considera una sufficiente produzione di idrogeno verde per l’industria.
Affinché il sistema elettrico decarbonizzato al 2035 sia fattibile al costo più basso possibile, saranno necessarie alcune politiche abilitanti: coerenza del Piano Nazionale Integrato Energia e Clima (PNIEC) con gli obiettivi di decarbonizzazione e incremento rinnovabili e loro monitoraggio; interventi nel processo autorizzativo degli impianti rinnovabili e delle infrastrutture abilitanti; applicazione del nuovo dispacciamento elettrico con integrazione di tutte le fonti di flessibilità (incluse demand response tramite aggregatori e fonti rinnovabili non programmabili); facilitazione della diffusione dei contratti di lungo termine di commercializzazione dell’energia di nuovi impianti rinnovabili; abilitazione dell’efficienza energetica e della demand response dei consumatori (industriali, commerciali, domestici) attraverso prezzi dinamici e segnali coerenti in bolletta che includono l’eliminazione di sussidi alle energie fossili; aggiornamento del sistema di incentivi ai gestori di rete al fine di valorizzare le risorse di flessibilità distribuite e di responsabilizzare i distributori; eliminazione investimenti nel sistema elettrico incoerenti con la decarbonizzazione. Per Giuseppe Onufrio, direttore esecutivo di Greenpeace Italia, “l’analisi che presentiamo dimostra come, anche in Italia, la transizione energetica verso una base completamente rinnovabile del sistema elettrico sia ampiamente possibile e con tecnologie già disponibili. Combattere la crisi climatica implica soprattutto un cambio di paradigma energetico: occorre elettrificare progressivamente gli usi dell’energia e produrre idrogeno da rinnovabili ove necessario. Si può fare, si deve fare. Chi continua a negarlo, si attesta su posizioni ideologiche a conservazione del sistema fossile”.
Stefano Ciafani, presidente nazionale di Legambiente ha detto: “La transizione energetica passa prima di tutto attraverso le rinnovabili, l’efficienza e l’innovazione. Lo studio che abbiamo presentato oggi conferma come le fonti pulite sono la strada giusta da percorrere ma il nostro Paese deve accelerare il passo, velocizzando gli iter autorizzativi, a partire dai nuovi progetti di fotovoltaico ed eolico, accelerando la realizzazione dei grandi impianti, lo sviluppo dell’agri-voltaico, di reti e accumuli, la diffusione delle comunità energetiche e degli impianti di digestione anaerobica, replicando le esperienze virtuose e aprendo tanti cantieri che vanno nella giusta direzione della transizione ecologica. L’Italia ha tutte le caratteristiche per diventare un hub strategico delle rinnovabili, e non del gas come invece vuole il Governo Meloni, ma per farlo deve trovare il coraggio di archiviare gli ingenti sussidi alle fonti fossili e deve essere capace di autorizzare in pochi mesi i nuovi impianti a fonti pulite”. Luciano Di Tizio, presidente di Wwf Italia, ha aggiunto: “I climatologi sono chiari: abbiamo pochissimi anni per abbattere le emissioni climalteranti ed evitare che il riscaldamento globale raggiunga livelli davvero molto pericolosi e ingestibili. Lo studio presentato oggi ci dimostra che decarbonizzare l’economia, a partire dalla produzione dell’energia elettrica, si può. Le fonti rinnovabili, soprattutto fotovoltaico ed eolico, garantiscono indipendenza, sicurezza energetica, maggiore resilienza agli impatti ormai in atto del cambiamento climatico. Nel contempo, dobbiamo accelerare la dismissione delle infrastrutture fossili, dal carbone e al gas. La ricetta c’è, gli ingredienti anche, ora serve la volontà politica: è questo che serve nel prossimo PNIEC”.
Per Matteo Leonardi, co-fondatore e direttore delle politiche nazionali di ECCO, invece “lo studio offre una visione di un sistema elettrico decarbonizzato al 2035 come da impegno dell’Italia al G7, di cui il nostro paese avrà l’anno prossimo la Presidenza. Ai numeri sulla potenza di nuovi impianti rinnovabili, necessità di accumuli, domanda flessibile e potenziamento della rete, che offrono un’indicazione quantitativa per l’aggiornamento del PNIEC al 2030, il lavoro accompagna una raccolta di raccomandazioni di policy per fare esplodere gli investimenti e raccogliere i benefici in termini di sviluppo, uscita dal gas e occupazione. Non solo numeri ma soprattutto la necessità di assicurare politiche coerenti con gli obiettivi. La mancanza di un governance sul clima, di meccanismi di monitoraggio e correzione delle politiche, a partire dal processo autorizzativo, ha determinato uno sviluppo ridicolo delle rinnovabili negli ultimi anni. Le perdite di tale ritardo sono cifre a nove zeri”. (Red/ Dire) 17:04 12-06-23