Sanità. GIMBE: 3,3 mld euro nel 2020 per migrazione interregionale

A Emilia-Romagna, Lombardia e Veneto 94,1% della mobilità attiva

foto di Fernando Zhiminaicela da Pixabay

(DIRE) Roma, 16 Mar. – Nel 2020, la mobilità sanitaria interregionale in Italia ha raggiunto un valore di 3,33 miliardi di euro, con saldi estremamente variabili tra le regioni del nord e quelle del sud. Il saldo è un dato che risulta dalla differenza tra mobilità attiva, ovvero l’attrazione di pazienti da altre regioni, e quella passiva, cioè la ‘migrazione sanitaria’ dalla regione di residenza. È quanto si legge in una nota della Fondazione GIMBE. Emilia-Romagna, Lombardia e Veneto, le regioni capofila dell’autonomia differenziata, raccolgono il 94,1% del saldo attivo, mentre l’83,4% del saldo passivo si concentra in Campania, Lazio, Sicilia, Puglia, Abruzzo e Basilicata.

‘La mobilità sanitaria- spiega il presidente della Fondazione GIMBE, Nino Cartabellotta- è un fenomeno dalle enormi implicazioni sanitarie, sociali etiche ed economiche, che riflette le grandi diseguaglianze nell’offerta di servizi sanitari tra le varie regioni e, soprattutto, tra il nord e il sud del Paese. Infatti, le regioni con maggiore capacità attrattiva si trovano ai primi posti nei punteggi Lea, mentre gli ultimi posti sono occupati da quelle con mobilità passiva più elevata’. I dati sulla mobilità sanitaria riguardano 7 tipologie di prestazioni: ricoveri ordinari e day hospital (differenziati per pubblico e privato), medicina generale, specialistica ambulatoriale (differenziata per pubblico e privato), farmaceutica, cure termali, somministrazione diretta di farmaci, trasporti con ambulanza ed elisoccorso.

‘La Fondazione GIMBE- precisa Cartabellotta- ha elaborato un report sulla mobilità sanitaria utilizzando sia i dati economici aggregati per analizzare mobilità attiva, passiva e saldi, sia i flussi trasmessi dalle regioni al ministero della Salute con il cosiddetto ‘Modello M’, che permettono di analizzare la differente capacità di attrazione del pubblico e del privato di ogni Regione, oltre alla tipologia di prestazioni erogate in mobilità’. Nel 2020 il valore della mobilità sanitaria ammonta a 3.330,47 milioni di euro: si tratta di una cifra inferiore a quella degli anni precedenti, sottolinea il presidente, ‘in parte in ragione dell’emergenza pandemica Covid-19 che ha ridotto gli spostamenti delle persone e l’offerta di prestazioni ospedaliere e ambulatoriali, in parte per l’esclusione nel 2020 del valore della mobilità della regione Calabria, che ammonta a circa 250 milioni di euro’.

Infatti, in base ai dati del ‘Modello M’, la Calabria ha 224,4 milioni di euro di debiti e 27,2 milioni di euro di crediti, somme che saranno compensate a partire dal 2026: di conseguenza, la Regione è stata esclusa dalle analisi su mobilità attiva, mobilità passiva, saldi e saldi pro-capite. Per quanto riguarda la mobilità attiva, sono 6 le regioni con maggiori capacità di attrazione che vantano crediti superiori a 150 milioni di euro: Lombardia (20,2%), Emilia-Romagna (16,5%) e Veneto (12,7%) raccolgono complessivamente quasi la metà della mobilità attiva. Un ulteriore 20,7% viene attratto da Lazio (8,4%), Piemonte (6,9%) e Toscana (5,4%). Il rimanente 29,9% della mobilità attiva si distribuisce nelle altre regioni e province autonome. I dati documentano la forte capacità attrattiva delle grandi regioni del nord, a cui corrisponde quella estremamente limitata delle regioni del centro-sud, con la sola eccezione del Lazio. Sul fronte della mobilità passiva, sono 3 le regioni con maggiore indice di fuga che generano debiti per oltre 300 milioni di euro: in testa Lazio (13,8%), Lombardia (10,9%) e Campania (10,2%), che insieme compongono oltre un terzo della mobilità passiva. Il restante 65,1% si distribuisce nelle rimanenti 17 regioni e province autonome.

‘I dati della mobilità passiva- commenta Cartabellotta- documentano differenze più sfumate tra nord e sud. In particolare, se quasi tutte le regioni del Sud hanno elevati indici di fuga, questi sono rilevanti anche in tutte le grandi regioni del nord con elevata mobilità attiva, per la cosiddetta mobilità di prossimità, ovvero lo spostamento tra regioni vicine con elevata qualità dei servizi sanitari, secondo specifiche preferenze dei cittadini’.

In dettaglio: Lombardia (-362,9 milioni di euro), Veneto (-220,1 milioni di euro), Piemonte (-210,8 milioni di euro) ed Emilia-Romagna (-201,7 milioni di euro). Capitolo saldi. Le regioni con saldo positivo superiore a 100 milioni di euro sono tutte del nord, mentre quelle con saldo negativo maggiore di 100 milioni tutte del centro-sud. In particolare, se con Saldo positivo rilevante figurano Emilia-Romagna (300,1 milioni), Lombardia (250,9 milioni) e Veneto (165,9 milioni); saldo positivo moderato per il Molise (34,3 milioni), saldo positivo minimo per Toscana (8,8 milioni) e Friuli-Venezia Giulia (1,6 milioni), saldo negativo minimo per provincia autonoma di Bolzano (-2 milioni), Piemonte (-2,3 milioni), provincia autonoma di Trento (-3,8 milioni), Valle d’Aosta (-10,7 milioni) e Umbria (-20,1 milioni), saldo negativo moderato per Marche (-25,4 milioni), Liguria (-51,5 milioni), Sardegna (-57,6 milioni), Basilicata (-62,5 milioni), e Abruzzo (-84,7 milioni). Infine, si registra un saldo negativo rilevante per Puglia (-124,9 milioni), Sicilia (-173,3 milioni), Lazio (-202,2 milioni) e Campania (-222,9 milioni).

Quando si parla di saldo pro-capite di mobilità sanitaria, ‘con questo indicatore elaborato dalla Fondazione GIMBE- precisa Cartabellotta- la classifica dei saldi si ricompone dimostrando che, al di là del valore economico, gli importi relativi alla mobilità sanitaria devono sempre essere interpretati in relazione alla popolazione residente’. In particolare, il Molise è in prima posizione per saldo pro-capite attivo con 116 euro, mentre la Basilicata, fanalino di coda, ha un saldo pro-capite negativo di 115 euro. Complessivamente, l’85,8% del valore della mobilità sanitaria riguarda i ricoveri ordinari e in day hospital (69,6%) e le prestazioni di specialistica ambulatoriale (16,2%). Il 9,3% è relativo alla somministrazione diretta di farmaci e il rimanente 4,9% alle altre prestazioni.

‘Grazie alla Commissione Salute della Conferenza delle regioni e province autonome- dice inoltre- che, in risposta a una richiesta di accesso civico, ha fornito alla Fondazione Gimbe i dati completi relativi alla mobilità sanitaria inviati dalle regioni al ministero della Salute, il report si è arricchito di ulteriori analisi rispetto ai precedenti’. In particolare, emerge che più della metà del valore della mobilità sanitaria per ricoveri e prestazioni specialistiche è erogata da strutture private, per un valore di 1.422,2 milioni di euro (52,6%), rispetto ai 1.278,9 milioni (47,4%) delle strutture pubbliche. In dettaglio, per i ricoveri ordinari e in day hospital le strutture private hanno incassato 1.173,1 milioni di euro, mentre quelle pubbliche 1.019,8 milioni di euro. Per quanto riguarda le prestazioni di specialistica ambulatoriale in mobilità, il valore erogato dal privato è di 249,1 milioni, mentre quello pubblico è di 259,1 milioni di euro.

‘Il volume dell’erogazione di ricoveri e prestazioni specialistiche da parte di strutture private- afferma Cartabellotta- varia notevolmente tra le regioni ed è un indicatore della presenza e della capacità attrattiva delle strutture private accreditate’. Infatti, accanto a regioni dove la sanità privata eroga oltre il 60% del valore totale della mobilità attiva (Molise con l’87,2%, Puglia con il 71,5%, Lombardia con il 69,2% e Lazio con il 62,6%) ci sono regioni dove le strutture private erogano meno del 20% del valore totale della mobilità: Umbria (15,2%), Sardegna (14,5%), Valle d’Aosta (11,5%), Liguria (9,9%), Basilicata (8,1%) e nella provincia autonoma di Bolzano (3,4%).

‘Le nostre analisi- precisa Cartabellotta- dimostrano che i flussi economici della mobilità sanitaria scorrono prevalentemente da sud a nord, in particolare verso le regioni che hanno già sottoscritto i pre-accordi con il Governo per la richiesta di maggiori autonomie. E che oltre la metà delle prestazioni di ricovero e specialistica ambulatoriale finisce nelle casse delle strutture private, ulteriore segnale di indebolimento della sanità pubblica’.

‘In ogni caso- conclude- è impossibile stimare l’impatto economico complessivo della mobilità sanitaria che include sia i costi sostenuti da pazienti e familiari per gli spostamenti, sia i costi indiretti come assenze dal lavoro di familiari e permessi retribuiti, sia quelli intangibili che conseguono alla non esigibilità di un diritto fondamentale sancito dalla Costituzione’. (Com/Fde/Dire) 10:12 16-03-23

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