60 anni di fondazione dell’ordine dei giornalisti

Le considerazioni di Sergio Mattarella
foto di GNS

L’informazione è un bene che gode di esplicita tutela costituzionale. L’art. 21 della Carta costituzionale, afferma espressamente: “Tutti i cittadini  hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione; la stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni o censure”.

L’informazione è  veicolo di libertà e non è un caso se la stessa Assemblea costituente volle approvare una legge in materia, dopo vent’anni di bavaglio, per sancire l’indipendenza  dei media. Così il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, nel messaggio inviato in occasione dei 60 anni dell’Ordine dei Giornalisti. Il ruolo svolto dal lavoro giornalistico  trova poi tutela oltre che nella Costituzione  anche nella legge Gonella, che  ha regolamentato nel 1963 l’ordinamento della professione, tracciando i canoni fondamentali per l’ esercizio della stessa e  dalla quale attingiamo  quelle  norme fondamentali che specificano, ancora oggi, la natura dei diritti e doveri dei giornalisti,  tra i quali:  E’ diritto insopprimibile dei giornalisti la libertà di informazione e di critica, limitata dall’osservanza delle norme di legge dettate a tutela della dignità e della  personalità altrui;  E’  obbligo inderogabile dei giornalisti  il rispetto della verità sostanziale dei fatti.  Si fonda su questi elementi la responsabilità enorme che fa capo alla professione, responsabilità accentuata dalla rivoluzione web dei nostri tempi. Alla professione giornalistica – prosegue il Presidente Mattarella – viene affidata la possibilità di esercitare critica libera  di fatti e avvenimenti nel rispetto dei   doveri di lealtà e buona fede e soprattutto nel rispetto della verità sostanziale. Ecco il valore dell’autonomia professionale di ogni giornalista e dell’autogoverno della categoria alla quale viene demandata, come per ogni altro ordine professionale, la essenziale e preziosa funzione di difesa della deontologia”.
Le sfide che il mondo dell’informazione è chiamato a raccogliere, a partire dalle applicazioni della intelligenza artificiale, il mercato globale con cui siamo chiamati a confrontarci necessita di robuste garanzie, come quelle offerte a livello di Unione Europea dalle proposte avanzate in sede di elaborazione del Media Freedom Act –  la legge europea sulla indipendenza dei media. Il rispetto della attività professionale dei giornalisti è componente essenziale del nostro sistema di  democrazia e libertà. Le aggressioni, le intimidazioni  che  tuttora accadono  sono intollerabili per la Repubblica., conclude il Presidente della Repubblica nella lettera inviata a Carlo Bartoli, presidente dell’Ordine dei Giornalisti.
 Riflessioni  ( ndr)
Premesso che condivido pienamente il pensiero espresso dal Presidente della Repubblica e che colgo  anche io l’ occasione per augurare buon compleanno all’ Ordine dei giornalisti. Come avere 60 anni e non mostrarli…
ma scrivere di giornalismo, da giornalista, non è semplice. Perché il giornalismo non è tanto una professione, peraltro non facile e non sempre ben retribuita,  nonostante l’ impegno,  nonostante le responsabilità connesse, nonostante la  funzione altamente democratica che riveste: cosa sapremmo  infatti se non fossero divulgate le notizie del mondo, dal mondo e sul mondo,  non si cadrebbe forse nel becero oscurantismo se rimanessero chiuse tra i segreti di stanze segrete? Quale pensiero critico poi potremmo sviluppare se non ci fosse una pluralità di visioni, di versioni  e di fonti di informazione? Giornalismo è più di una professione, è passione. Una passione subordinata all’ osservanza di regole che impongono il rispetto di vissuti, di identità, di storie, di avvenimenti, di circostanze, perché no  di attenuanti,  non perdendo  mai di vista, mentre la penna scorre, l’ unica via maestra: la verità . La verità  sovrana che a volte  impone  silenzi.
Come dimenticare una tra le più celebri frasi di Indro Montanelli: “Non ho potuto sempre dire tutto quello che volevo, ma non ho mai scritto quello che non pensavo.”
Lo dovremmo fare tutti, tacendo piuttosto ma non mercificando il nostro pensiero, non snaturando le nostre opinioni in nome di diktat precostituiti, anche se è dura,  perché poi diventa sempre più questione di lavoro e di ragione e sempre meno di passione. Eppure continuo a pensare che la comunicazione sia futuro ,  continuo a pensarlo anche dopo il picco del basso  toccato nell’ epoca del “corsivo”, dell’ elettronico e del digitale, perché comunicazione è  cultura, è contatto, è relazione, è interazione; dovrà estinguersi la specie umana perché finisca il bisogno di scambiare informazioni, emozioni, percezioni, conoscenze. Cambieranno i codici linguistici, i mezzi,  i vocabolari, gli alfabeti, ma mai  potrà essere soppresso ciò che è insito nella natura umana: la voglia di  parole,  di sapere, la voglia di esprimersi, di commentare, di  interpretare. E allora il giornalista si riapproprierà della sua  funzione divulgativa  e , a mio avviso, tra tanti emergerà davvero chi avrà la forza di mantenere le proprie convinzioni,  le proprie idee, il proprio  stile – parlando  in modo formale o di getto, pensando razionalmente o arrivando al  cuore –  ma mantenendo sempre autonomia di pensiero e di giudizio,  mai cedendo alla tentazione  comoda di cadere nella piatta  omologazione;  ce la farà chi troverà il coraggio di essere  se stesso , ma diverso, mentre tutto scorre e  cambia e  mentre  gli altri, forse,  continueranno a decidere di restare uguali. In fila, ordinati, allineati…
Miriam Sgrò

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