(DIRE) Roma, 23 Gen. – Il Parlamento del Pakistan ha approvato una riforma che introduce un nuovo giro di vite alla legge contro la blasfemia, che già prevedeva pene fino all’ergastolo o la pena di morte per chiunque venisse trovato colpevole di insulto alla religione musulmana e al profeta Mohammad. Con la nuova legge, sono ora perseguibili anche coloro che insultano figure ritenute vicine al Profeta, come i membri della sua famiglia. Come riporta la stampa locale, i trasgressori rischiano fino a 10 anni di reclusione e una multa di un milione di rupie, ma nei casi particolari il giudice può comminare il carcere a vita.
Una riforma che è stata definita “storica” dal vice presidente del Paese Zahid Akram Durrani, e che risponde all’esigenza di sanzionare altre personalità ritenute fondamentali nell’islam, come ha spiegato uno degli autori del testo, il deputato Abdul Akbar Chitrali. Tuttavia per la Commissione pakistana per i diritti umani questa legge è “preoccupante”.
In una nota questo organismo indipendente ha avvertito: “Considerando i travagliati precedenti del Pakistan sull’uso improprio di tali leggi, è probabile che questi emendamenti verranno utilizzati in modo sproporzionato contro le minoranze religiose”, producendo “false accuse, violenze e persecuzioni”. In Pakistan la maggioranza della popolazione è di religione musulmana, mentre il 2-5% è rappresentato da induisti, cristiani, sikh e altri.
In Italia si è espresso contro le nuove normative anche Alessandro Monteduro, direttore di Aiuto alla Chiesa che Soffre (Acs): “La legge contro la blasfemia- ha dichairato in una nota- di fatto ha favorito finora la persecuzione ai danni delle minoranze religiose, a cominciare da quelle cristiana e induista. Ora la situazione inevitabilmente peggiorerà. Spesso i cristiani vengono accusati strumentalmente di blasfemia da soggetti che vogliono semplicemente definire interessi privati. Il risultato è che gli accusati o vengono arrestati o diventano preda della reazione violenta delle folle”.
Acs sostiene che queste norme vengono impiegate anche come “arma contro gli avversari politici” e cita il caso dell’ex primo ministro Imran Khan, il quale “nel novembre scorso è sopravvissuto a un attentato durante una manifestazione pubblica, e che l’aggressore ha motivato l’atto con ragioni religiose”. L’associazione cattolica aggiunge: “Fawad Chaudhry, ex ministro federale e uno dei leader del partito politico di Khan, ha affermato che il governo dell’attuale primo ministro, Shehbaz Sharif, aveva condotto una campagna televisiva sostenendo che lo stesso Khan aveva commesso blasfemia durante le sue manifestazioni politiche. Khan ha replicato che l’attentato contro di lui era stato pianificato dai suoi oppositori e che la religione era solo un pretesto”. (Red/ Dire) 12:42 23-01-23