(DIRE) Roma, 15 Dic. – Un migliaio di abitanti della città di Maungdaw, nello stato occidentale di Rakhine, hanno potuto fare ritorno nelle loro case dopo il via libera della giunta militare. I combattimenti scoppiati ad agosto tra l’esercito e la milizia etnica dell’Arakan Army avevano creato infatti oltre mille sfollati, che si erano installati in campi di fortuna. Poi, la decisione della giunta di tagliare i rifornimenti alla città e ai villaggi vicini bloccando tutte le strade d’accesso, e così ben presto le comunità hanno terminato le scorte di cibo. A fine novembre poi la tregua informale con l’Arakan Army, che ha convinto le autorità a riaprire le strade.
La decisione arriva all’indomani di uno “schiaffo” che le Nazioni Unite avrebbero dato alla giunta dei militari. Fonti interne al Palazzo di vetro hanno riferito al Myanmar Accountability Project – un’organizzazione che raccoglie dati e testimonianze sui presunti crimini commessi dagli esponenti della giunta – che per la seconda volta l’Onu ha rifiutato le credenziali del rappresentante diplomatico della giunta. Il seggio del Myanmar all’Assemblea generale resta quindi ancora assegnato a Kyaw Moe Tun, l’ambasciatore nominato dal governo del partito della leader democratica Aung San Suu-Kyi. Lo stesso esecutivo che i militari hanno rovesciato il primo febbraio 2021, mettendo sotto processo vari esponenti politici tra cui la stessa Suu Kyi. Secondo Chris Gunness, direttore del Map, la decisione dell’Onu, che dovrebbe essere resa ufficiale domani, “è una mossa importante che ha un grande significato diplomatico e simbolico, in un momento in cui i leader del golpe illegale stanno tentando di ottenere il riconoscimento internazionale”.
L’Assistance Association for Political Prisoners riferisce che dall’1 febbraio a oggi sono of 2.604 gli attivisti del movimento contro il golpe o i comuni cittadini rimasti uccisi “nella repressione”. Altre 13.083 sono state incarcerate e 1.717 condannate, di cui 42 alla pena di morte. (Alf/Dire) 16:03 15-12-22