(DIRE) Bologna, 1 Dic. – Di Hiv e Aids si parla meno di un tempo, ma non bisogna abbassare la guardia: per questo il Comune di Bologna ha deciso di firmare la Dichiarazione di Parigi sulle Fast track cities, la rete di città che si impegnano ad abbattere lo stigma sull’Hiv e a raggiungere il “traguardo 95-95-95”: ovvero 95% delle persone con Hiv consapevoli del proprio stato; 95% delle persone consapevoli di avere l’Hiv in cura con terapie antiretrovirali; 95% delle persone in terapia antiretrovirale con carica virale soppressa. La Dichiarazione è stata sottoscritta oggi, nella Giornata mondiale per la lotta contro Hiv e Aids, dal sindaco Matteo Lepore e della presidente di Fast track cities Tanja Dittfeld.
Si dà così seguito alla richiesta avanzata qualche mese fa da Consiglio comunale tramite un ordine del giorno presentato da Marco Piazza (Articolo Uno). Oltre al triplice traguardo del 95%, un altro obiettivo della rete di città “è annullare lo stigma verso le persone sieropositive perchè ci siamo resi conto che rispetto a dieci anni fa è molto alta la paura nei loro confronti”, afferma Dittfeld. Allo stesso tempo, la finalità è anche “permettere alle persone che fanno parte di queste comunità di poter dire la loro- aggiunge Dittfeld- così da capire come possano essere assistite nel modo migliore”. In questo contesto, il Blq Checkpoint di Bologna “è un’iniziativa che funziona molto bene”, sottolinea la presidente di Fast track cities. Su questo fronte la città è chiamata ad un “impegno nuovo e maggiore”, afferma Lepore: Hiv e Aids “sono argomenti che non sono più mainstream, non se ne parla più a livello di opinione pubblica e nelle istituzioni, invece la pandemia ci ha insegnato che non possiamo mollare di un centimetro sulla cura delle persone e sul loro coinvolgimento sociale”. Bologna può contare sul Blq Checkpoint ma l’impegno dell’amministrazione è “non limitarsi a questa avanguardia- dichiara l’assessore alla Sanità, Luca Rizzo Nervo- e per costruire una progettualità ambiziosa, all’altezza di questa città, rispetto ad un tema che non è scomparso”.
Oltre al Checkpoint c’è anche uno sportello sulla profilassi pre-esposizione (Prep) e “il combinato disposto di questi due servizi, unitamente all’ottimo lavoro del Sant’Orsola- spiega Sandro Mattioli, presidente di Plus- ha fatto sì che nei dati epidemiologici di quest’anno e anche dell’anno scorso Bologna abbia un livello di diagnosi tardive, cioè persone che sono già in Aids quando ricevono la diagnosi Hiv o sono prossime a diventarlo, molto più basso della media regionale che è scandolosamente alta e anche della media nazionale, che è altrettanto alta. Di lavoro ce n’è da fare in questa regione, ma partiamo da buone basi”. Con sei ore di apertura settimanali, nel 2022 al Checkpoint “abbiamo visto più di 1.000 persone che significano 3.200 test- riferisce Mattioli- e l’anno deve ancora finire”. I casi di Hiv ancora rilevati sono “pochi, perchè per fortuna sono in calo- continua Mattioli- ma c’è una sconcertante non conoscenza di cos’è l’Hiv oggi. E’ passato il pensiero che sia un problema risolto, dei gay o degli africani, ma è un ragionamento molto razzista e discriminatorio”. Con i farmaci l’infezione da Hiv è diventata “gestibile”, continua Mattioli, ma il virus favorisce altre co-patologie mortali (cancro, diabete, malattie cardiovascolari) e quindi si vive per molto più tempo rispetto ai pochi mesi degli anni ’80, “ma con una qualità della vita spesso complicata e il rischio molto pesante di morire di altro, ufficialmente”. Insomma “bisogna stare molto attenti: l’Hiv non è affatto sconfitto”, raccomanda Mattioli. (Pam/ Dire) 16:14 01-12-22