Ai fini dell’esercizio del diritto di cronaca, costituzionalmente garantito, e nel rispetto dei diritti degli indagati (che, in considerazione dell’attuale fase di indagini preliminari, sono da presumersi innocenti fino alla sentenza irrevocabile che ne accerti la colpevolezza), si rende noto che le Fiamme Gialle del Comando Provinciale di Treviso hanno concluso un’operazione che ha consentito di individuare un meccanismo di frode fiscale, attuato mediante falsi contratti di appalto del valore di circa 6 milioni di euro.
Le indagini dei finanzieri del Gruppo di Treviso hanno permesso di appurare che la società, attraverso falsi contratti di appalto per l’esecuzione di prestazioni di servizi nei settori della logistica e delle pulizie, ha svolto una illecita attività di intermediazione nella somministrazione di manodopera in assenza di autorizzazioni, inviando, presso i propri clienti, lavoratori fatti assumere formalmente da quattro cooperative compiacenti.
Il meccanismo illecito adottato, attraverso l’utilizzo della società e soprattutto delle cooperative “amiche”, mirava infatti a trasferire, solo sulla carta, in capo a un soggetto diverso dall’effettivo datore di lavoro tutte le obbligazioni nascenti dal rapporto di lavoro subordinato, tra cui, in particolare, quelle relative al versamento dei contributi, oltre che delle ritenute fiscali sui redditi da lavoro dipendente. Il tutto è stato reso possibile mediante l’applicazione di uno schema che ha visto la sistematica interposizione, tra il reale datore di lavoro (cliente finale) e il lavoratore dipendente, di terzi soggetti (le cooperative), che hanno assolto, solo cartolarmente, alle funzioni proprie del datore di lavoro, ma che, di fatto, non possedevano i requisiti previsti per l’esercizio legittimo della stessa attività di somministrazione.
Le Fiamme Gialle trevigiane, nel corso delle attività investigative, hanno difatti riscontrato il sistematico ricorso a falsi rapporti di appalto/subappalto con quattro cooperative, aventi un capitale sociale minimo ed esistenti su un piano più formale che sostanziale, intestate a soggetti compiacenti, sulle quali venivano fatti convergere gli obblighi fiscali e contributivi della manodopera impiegata; manodopera che appariva quindi, solo formalmente, assunta e dipendente da tali imprese, anziché da quelle realmente fruitrici, ovvero i clienti finali.
I rapporti commerciali tra committenti e società appaltatrici erano, pertanto, concepiti al solo scopo di “interporsi” tra il personale e le aziende presso le quali veniva effettivamente prestato il lavoro.
I lavoratori, nell’esecuzione delle prestazioni, soggiacevano alle direttive e alle indicazioni fornite proprio dagli stessi clienti finali, tant’è che, anziché richiedere ferie o permessi alle cooperative presso le quali erano stati formalmente assunti, si rivolgevano direttamente ai clienti finali. Alcuni lavoratori erano perfino convinti di essere stati assunti direttamente dalle imprese presso le quali operavano e addirittura, in un caso, uno di loro, che aveva riscontrato un errore nei conteggi delle ore prestate in busta paga, aveva chiesto delucidazioni direttamente all’impresa presso cui era stato inviato, invece che alla cooperativa dalla quale era stato assunto.
Nei confronti delle società clienti finali, effettivamente utilizzatrici della manodopera, sono in corso accertamenti, allo scopo di chiarire l’effettiva portata del beneficio fiscale conseguito.
Le cooperative che fornivano i lavoratori, peraltro, dopo un breve periodo venivano messe in liquidazione o lasciate inattive, per poi essere sostituite con altre dalle medesime caratteristiche, su cui veniva fatta convergere la prosecuzione delle attività illecite.
L’amministratore della società è stato così denunciato per il reato di intermediazione illecita di manodopera e, insieme ai rappresentanti legali delle cooperative fornitrici, per i reati di emissione e utilizzo di fatture per operazioni inesistenti.
L’Autorità Giudiziaria ha così disposto il sequestro preventivo di denaro, polizze vita e due abitazioni, riconducibili alla società a responsabilità limitata e al suo amministratore, fino a un valore di 850 mila Euro, pari alle imposte evase.
L’operazione della Guardia di Finanza di Treviso ha avuto il fine di tutelare le casse dell’Erario rispetto a condotte fraudolente attuate mediante lo sfruttamento dei lavoratori e l’indebito utilizzo di contratti di appalto di manodopera, evitando così che le imprese coinvolte potessero beneficiare di rilevanti risparmi di imposta. La diffusione del presente comunicato stampa è stata autorizzata dalla Procura della Repubblica di Treviso (art. 5, comma 1, del D.Lgs. n. 106/2006, come introdotto dall’art. 3 del D.Lgs. n. 188/2021).
comunicato stampa Guardia di Finanza Comando Provinciale Treviso