Sono cresciuti del 53% in sette giorni i casi di virus del Nilo occidentale in Italia. Lo comunica l’Istituto Superiore di Sanità (Iss) nel suo report Sorveglianza su West Nile e Usutu virus. Nell’ultima settimana sono decedute tre persone, con il bilancio delle vittime che sale a 10 dall’inizio di giugno allo scorso 9 Agosto. Tutti riguardano le regioni del nord: sei in Veneto, due in Piemonte, uno in Emilia-Romagna e uno in Lombardia. Secondo il bollettino odierno, sono 144 i casi complessivi, 87 dei quali si sono manifestati nella forma neuro-invasiva e 33 con febbre.
La Struttura di coordinamento delle attività trasfusionali di Regione Lombardia ha introdotto un test specifico per i donatori di sangue, alla luce dei 23 casi identificati in donatori di sangue (tre sul territorio regionale). Cinque le manifestazioni della forma neuro-invasiva in Lombardia, otto in Piemonte. Il virus in provincia di Como – Il virus è arrivato anche al confine con il Canton Ticino: è stato riscontrato in alcune zanzare in provincia di Como, anche se al momento non si segnala nessuna infezione tra la popolazione, come riferito da La Provincia di Como. Tuttavia i virologi, rassicurano che nell’80% dei casi è asintomatico, nel 20% si presenta con lieve sintomatologia e solo in un caso su 1000 implica condizioni gravi per chi lo contrae. In meno dell’1% delle persone infette il virus attacca il sistema nervoso causando encefalite e/o meningite.
Il virus non può essere trasmesso direttamente da una persona all’altra. Se ci si reca in Paesi in cui è presente il virus della febbre del Nilo occidentale, viene raccomandato di proteggersi dagli insetti con un abbigliamento adeguato e l’utilizzo di prodotti repellenti. Per Giovanni D’Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti”, poiché gli esperti ritengono che il collegamento fra il ciclo rurale e quello domestico è determinato da alcune zanzare della macchia che potrebbero penetrare negli ambienti domestici infettando il pollame o altri animali d’allevamento e da compagnia, i quali poi potrebbero essere punti da zanzare nella fase della viremia, si raccomanda di evitare, in zone a rischio, il contatto con animali deceduti e di prevenire la proliferazione delle zanzare limitando le superfici umide tra le quali, rende bene l’idea, il classico esempio del sottovaso sempre pieno d’acqua.
Non esistono al momento vaccini o trattamenti specifici, vengono di norma usati farmaci per alleviare la sintomatologia tipica della malattia. É, peraltro, importante sottolineare che l’ECDC (Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie) ogni settimana pubblica un rapporto informativo sulla febbre del Nilo occidentale che comprende mappe della attuale distribuzione geografica dei casi autoctoni umani nell’UE e nei paesi limitrofi, tra cui un confronto con i dati precedenti, un aggiornamento della situazione e una tabella del numero di casi di paese e zona. Esso è pubblicato sul sito dell’istituzione europea ogni venerdì pomeriggio.
L’obiettivo del progetto è quello di informare le autorità competenti responsabili per la sicurezza della salute delle aree nelle quali risulta possibile il contagio del virus del Nilo occidentale agli esseri umani al fine di sostenere la loro attuazione della normativa sulla sicurezza della salute. Secondo la normativa europea sulla sicurezza della salute, gli Stati membri devono avviare misure di controllo per assicurare la sicurezza in caso di casi di febbre del Nilo occidentale.
Una sfida importante per l’attuazione del presente regolamento è la raccolta tempestiva di informazioni accurate sulle zone colpite. Attualmente sono allo studio dei vaccini, ma per il momento la prevenzione consiste nel porre in atto i rimedi classici per combattere l’insetto, come svuotare di frequente i contenitori con acqua stagnante, dotare le finestre di zanzariere, usare repellenti e indossare pantaloni lunghi e camicie a maniche lunghe quando si è all’aperto, soprattutto all’alba e al tramonto.
È evidente, inoltre, che ai primi sintomi, bisogna rivolgersi al proprio medico di famiglia. Si ricorda, a tal proposito che gli indici segnalati sono rappresentati da febbre moderata dopo pochi giorni di incubazione, che dura da tre a sei giorni, accompagnata da malessere generalizzato, anoressia, nausea, mal di testa, dolore oculare, mal di schiena, mialgie (dolori muscolari), tosse, eruzioni cutanee, diarrea, linfadenopatia e difficoltà a respirare. In meno del 15% dei casi, negli anziani e nei soggetti più deboli, possono aggiungersi gravi complicazioni neurologiche quali meningite o encefalite.
comunicato stampa Giovanni D’Agata – Sportello dei Diritti