Chinghiali. OIPA: «incursioni e peste suina vanno affrontate in modo scientifico non è armando i cacciatori»

Fare di Roma un Far West per ammazzare i cinghiali non risolve il problema: studi scientifici affermano che agli abbattimenti segue un moltiplicarsi di cucciolate

I cittadini di Roma non vogliono che sia risolto con il sangue il problema delle incursioni di qualche cinghiale nel centro abitato causate dall’emergenza rifiuti, e solo da quella. Ora altro pretesto per invocare il sangue è qualche sparuto caso di peste suina, non trasmissibile all’uomo. L’Organizzazione internazionale protezione animali (Oipa) risponde così alle ricorrenti dichiarazioni e strumentalizzazioni politiche, sia da esponenti del Governo che degli enti territoriali, che in ogni occasione propongono una normativa nazionale che permetta di farne strage.

La Peste suina africana (Psa) non si combatte mandando i cacciatori a uccidere cinghiali come ventilato oggi dal sottosegretario alla Salute Andrea Costa. Al contrario, come attesta un parere chiesto agli esperti dall’Autorità europea per la sicurezza alimentare (Efsa),  “la caccia non è uno strumento efficace per ridurre le dimensioni della popolazione di cinghiali selvatici in Europa”. Di più: i cacciatori, con le loro prassi di eviscerazione, possono diffondere in maniera incontrollata il virus della Psa, innocuo per l’uomo, e degli altri agenti patogeni di cui le prede potrebbero essere portatrici.

«La causa principale dell’aumento della presenza dei cinghiali a Roma è l’annosissima emergenza rifiuti, diventata in questi ultimi anni molto grave», sottolinea Rita Corboli, delegata dell’Oipa di Roma. «I cinghiali sono sempre gli stessi, ma negli ultimi anni sono aumentati i rifiuti e le discariche a cielo aperto e quindi la disponibilità di cibo nelle vicinanze delle aree verdi dove vivono. Roma è la città più verde d’Europa ricca di fauna selvatica, che dovrebbe essere considerata una risorsa da gestire nel rispetto della vita e non un nemico da combattere».

L’Oipa auspica quindi che si affronti la questione in maniera razionale, scientifica. Un serio piano di sorveglianza e prevenzione si può attuare non armando i cacciatori, persino deregolamentandone l’attività, ma con un monitoraggio sanitario degli animali morti che si trovino nel territorio nazionale.

«Fare di Roma un Far West per ammazzare i cinghiali non risolve il problema, semmai il contrario: studi scientifici affermano che agli abbattimenti segue un moltiplicarsi di cucciolate», continua Corboli. «A Roma il problema sono i rifiuti, non i cinghiali».

comunicato stampa

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