Indagine sulla situazione dopo la pandemia
(DIRE) Roma, 6 Apr. – Negli ultimi due anni, l’industria Life Science ha avuto un ruolo strategico nella lotta al Covid-19. Questo ha dato modo di attirare non solo una grande attenzione sul settore da parte di decision makers, investitori e imprenditori, ma anche l’interesse dell’opinione pubblica su un comparto che in Italia impiega quasi 200mila persone e conta più di 5.000 imprese sparse per il territorio nazionale.
Dato il ruolo centrale assunto da questa industria negli ultimi anni, Jefferson Wells, brand di ManpowerGroup, insieme a Frezza&Partners – con cui di recente ha rafforzato il proprio sodalizio per consolidare ulteriormente la presenza nel settore, per la ricerca e selezione dei profili manageriali Pharma e Life Science – ha realizzato un’indagine riguardante l’impatto della pandemia sulla reputazione delle aziende del comparto.
L’indagine ha analizzato come questo influisca sulla capacità da parte delle stesse imprese di attrarre e trattenere nuovi talenti. Un fattore quest’ultimo fondamentale in un momento come quello attuale in Italia, dove la ricerca di profili in questo ambito è prevista in crescita del +22% nel primo trimestre 2022, secondo l’ultima indagine Manpower Employment Outlook Survey. Un valore importante, tanto più se confrontato con la difficoltà da parte del 76% delle aziende italiane nel reperire i talenti necessari.
Come riportato dall’indagine, che ha coinvolto oltre 60 delle principali aziende Life Science del Paese, per il 68% degli intervistati negli ultimi due anni la reputazione del settore e delle imprese che lo animano è migliorata, a fronte di un 19% secondo cui è rimasta invariata rispetto agli anni precedenti e un 13% per cui è stata messa in discussione.
Tra i fattori che hanno inciso in maniera maggiore al cambiamento della reputazione del comparto, la netta maggioranza (44%) ha affermato che questo è dovuto all’impegno delle aziende nel miglioramento della salute delle persone, mentre il 27% ha risposto che è legato all’impegno alla lotta al Covid-19 mostrato dalle imprese Life Science. Si tratta di due risposte comunque connesse, in quanto la pandemia ha portato maggiore visibilità su questa industria e sul suo impegno verso la salute delle persone.
La grande attenzione ricevuta e il ruolo positivo di un settore che è stato protagonista degli ultimi due anni hanno dunque influito sulla sua capacità di attrarre persone di talento, tanto che secondo l’indagine circa 3 aziende su 4 (74%) affermano che il grado di attrazione di nuovi talenti è aumentato, mentre solo il 5% ha ravvisato una diminuzione. Un valore che cresce ancora di più per quelle aziende che hanno notato un miglioramento della reputazione del settore: ben l’86% di questo gruppo di intervistati, infatti, ha evidenziato un aumento della capacità di attrazione di nuovi talenti.
Se la capacità di attrazione di nuovi talenti per le aziende del settore è cresciuta, non si può dire altrettanto della loro capacità di trattenerli: infatti, un gap tra domanda e offerta di lavoratori che rimane alto e la richiesta di nuove persone da inserire nelle aziende Life Science, hanno amplificato la “corsa ai nuovi talenti” tanto che per il 65% delle imprese interrogate, negli ultimi due anni il turnover del personale è aumentato. Il trend coinvolge profili eterogenei: dal top management alle posizioni di staff, dagli operatori tecnici e scientifici alle figure commerciali. In particolare, la tendenza interessa soprattutto le classi di età più giovani, quelle tra i 25 e i 34 anni e tra i 35 e 44 anni, che compongono oltre il 90% del personale che lascia l’azienda (rispettivamente, 44% e 47%).
In questo contesto, dove le classi d’età più giovani sono anche le più propense a lasciare l’azienda, una questione fondamentale su cui le imprese devono interrogarsi per rimanere competitive sul mercato del lavoro e nel proprio business, riguarda cosa cercano i talenti e dunque su quali fattori fare leva per trattenerli. Secondo quanto rilevato dall’indagine, infatti, i primi tre requisiti che le persone ricercano oggi in un’azienda sono dei percorsi di avanzamento di carriera, un migliore equilibrio tra vita privata e vita lavorativa, e una maggiore flessibilità nell’orario di lavoro. Si tratta di un’inversione di tendenza da parte dei lavoratori se si pensa che, fino a due anni fa, tra le prime tre priorità rientravano uno stipendio elevato e benefit aziendali, oggi scesi rispettivamente al quarto e sesto posto di questa particolare classifica.
“Percorsi di avanzamento di carriera, equilibrio nel mix vita-lavoro e flessibilità di orari sono i principali fattori ricercati all’interno di un’azienda pharma da parte delle persone- afferma Alessandro Testa, Jefferson Wells Director- Il fatto che elementi come uno stipendio elevato e benefit aziendali siano scesi da questo immaginario podio, rappresenta un punto di riflessione per le aziende, che sono chiamate ad interrogarsi sul tema del ‘work life balance’, una novità che la pandemia ha accelerato”. Le aziende del comparto si stanno già organizzando di conseguenza, per attrarre e trattenere i nuovi talenti, mettendo in atto una serie di azioni per questo scopo.
Nello specifico, le iniziative più efficaci implementate dalle imprese riguardano azioni per favorire l’equilibrio tra lavoro e vita privata (es. smart working, orario flessibile, ecc.), benefit personalizzati e piani welfare, e iniziative di employer engagement, seguiti da percorsi di formazione e sviluppo strutturati. Si tratta di iniziative in grado di limitare la “fuga dei talenti”, ma che sempre più devono essere corroborate dall’azione congiunta di società di consulenza specializzate, in grado di accompagnare le aziende non solo attraverso i processi di ricerca e selezione dei migliori talenti – che rappresentano un asset sempre più richiesto e limitato – ma anche nella definizione e realizzazione di campagne di talent attraction ed employer branding, in grado di attrarre e trattenere le figure più richieste.
“La pandemia e la grande attenzione sulla qualità della vita soprattutto da parte dei giovani talenti, hanno incrementato il livello di attrattività delle aziende farmaceutiche, in particolare rispetto ad aziende del comparto tecnologico e digitale- conclude Leonardo Frezza, di Frezza&Partners- L’Italia però è tra i Paesi dove il divario tra domanda e offerta di competenze è più elevato, ciò evidenzia un problema strutturale legato sia al mondo dell’educazione sia degli intermediari”. (Red/ Dire) 04:10 06-04-22