Mali. Gaida (Ara Pacis): i Tuareg e il governo ripartono insieme

(DIRE) Roma, 7 Feb. – “Proprio oggi a Bamako tra il governo del Mali e gli ex ribelli tuareg del nord comincia un percorso di pace, fondato sui principi dell’accordo di Roma e sulla parola dignità, che vuol dire anche riconoscimento delle sofferenze e delle frustrazioni”: a parlare con l’agenzia Dire è Maria Nicoletta Gaida, presidente della onlus Ara Pacis.
La sua foto, sorridente accanto ai rappresentanti dell’esecutivo saheliano e degli ex gruppi combattenti delle comunità del Sahara, è stata pubblicata la settimana scorsa dopo la firma dell’intesa nella capitale italiana. Un punto di arrivo e però anche di partenza, secondo Gaida: “L’inizio del percorso al via oggi con una serie di incontri a Bamako è cominciato anni fa, nel 2017, quando come Ara Pacis abbiamo facilitato un accordo che ha coinvolto le tribu’ tuareg del sud della Libia; è stata la testimonianza di quell’esperienza a convincere i fratelli tuareg del nord del Mali che valeva la pena provare”.
L’intesa della settimana scorsa, denominata Accordo di principio di Roma, ha seguito quattro giorni di incontri. A sottoscriverla il ministro maliano per la Riconciliazione, Ismael Wagué, il presidente della Coalition des Mouvements de l’Azawad (Cma), Bilal Ag Cherif, e il presidente della Platforme du 14 Juin 2014 d’Alger, Hanoune Ould Ali. L’accordo sancisce la collaborazione tra i movimenti armati del nord già firmatari di un’intesa nel 2015 e l’esecutivo di Bamako. Il percorso è però esteso a rappresentanti tradizionali delle comunità, la chefferie, e a organizzazioni femminili e giovanili. Il riferimento resta il Cadre Strategique Permanent (Csp), nato sempre a Roma grazie alla mediazione di Ara Pacis nel maggio 2021, alla presenza del ministro degli Affari esteri e della cooperazione internazionale Luigi Di Maio.
Il passato è una storia di rivendicazioni e squilibri che precede di molti anni la crisi del 2012, quando i combattenti del Mouvement national de libération de l’Azawad (Mnla) proclamarono l’indipendenza da Bamako di un’area estesa fino alle città di Gao, Timbuctu’ e Kidal. Questa zona era stata poi occupata da formazioni di matrice jihadista, come Al Qaida nel Maghreb islamico (Aqmi), respinte nel 2013 solo con i bombardamenti dell’aviazione francese. “Speriamo” sottolinea ora Gaida, “di poter contribuire a dare dignità a ogni posizione, anche di chi soffre e di chi magari a causa della frustrazione e del mancato riconoscimento, in modo anche umano, ha deciso di prendere la strada delle armi e del conflitto”. La tesi è che da un lato sia necessario creare fiducia, dall’altro avviare percorsi di sviluppo locale, per offrire ai giovani prospettive differenti da quelle della militanza e delle armi. “Sulla base del Cadre Strategique Permanent, le parti hanno cominciato a sensibilizzare le comunità e a realizzare interventi che non riguardano solo la sicurezza ma anche lo sviluppo, ad esempio a favore degli ospedali o per lo scavo di pozzi d’acqua”.
Rispetto a queste azioni, Gaida sottolinea che Ara Pacis non ha fornito contributi di tipo economico e si è limitata al ruolo di mediazione. Allo stesso modo, non ci sarebbe alcun legame diretto tra l’iniziativa della onlus e il tema delle migrazioni.
“Siamo convinti”, sottolinea la presidente, “che pace e sviluppo possano in prospettiva garantire il diritto delle popolazioni a vivere nelle loro terre in condizioni migliori, tornando a sperare e ad avere fiducia”. Sullo sfondo i rivolgimenti politici degli ultimi anni, con il golpe che nel 2020 ha rovesciato il presidente Ibrahim Boubacar Keita e portato al potere il colonnello Assimi Goita. Nuove incognite anche geopolitiche sono state alimentate giorni fa dalla decisione di Bamako di espellere l’ambasciatore francese, Joel Mayer, dopo che Parigi aveva definito la giunta “illegittima”. Fatti inediti, coincisi con il susseguirsi di notizie relative a un dispiegamento in Mali di contractor russi, segnalati da tempo sia in Libia che a Bangui a sostegno del governo della Repubblica centrafricana. Restano da chiarire in questo contesto le prospettive di Takuba, missione militare a comando francese e con anche un contributo italiano progettata per garantire la sicurezza nelle aree al confine con il Niger e il Burkina Faso dove operano formazioni islamiste.
Di dignità e dialogo parla invece Gaida. “La nostra preoccupazione è quella dei capi delle comunità” sottolinea. “Ci dicono che stanno perdendo i loro giovani, che senza un futuro finiscono nelle reti del terrorismo, non solo in Mali ma anche in Niger o in Libia”.
Ara Pacis è nata a Roma tra il 2007 e il 2008. Si presenta come organizzazione non profit al lavoro nella prospettiva di una “pax umana”, puntando su esperienze internazionali e visioni locali “per iniziative che incoraggino e promuovano iniziative di cura e riconciliazione dopo i conflitti”. (Vig/Dire) 10:01 07-02-22

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