Identità e Storia della cultura romanì: a Cuneo, Torino, Rimini e Roma; inaugurata oggi la mostra multimediale itinerante e il progetto per l’inclusione
La fuga dalla guerra di Bosnia, l’esilio già da bambino come rifugiato politico a Berlino, poi gli anni più belli dell’infanzia passati in un campo nomadi di Torino, fino al compimento degli 8 anni. «Ho iniziato la scuola con un anno di ritardo e passavo gran tempo dell’orario scolastico a dormire appoggiato al banco. Nessuno mi seguiva durante le lezioni».
È stato scelto Rašid Nikolić, che oggi è un abile marionettista e un fervente attivista della cultura Rom, come direttore della mostra itinerante ROMANIPEN, Identità e Storia della cultura romanì. L’esposizione multimediale si inaugura oggi alle 17 a Boves (CN) e raggiungerà nelle prossime settimane Torino, Rimini e poi Roma.
Lo stesso Rašid racconta: «Di quel periodo ricordo la disattenzione degli insegnanti, la mancanza di mezzi e strumenti, l’abbandono a me stesso. Cercavo di allinearmi alla sensazione di sentirmi italiano e nello stesso tempo ricercavo la mia identità». E il cambio di vita radicale: «Poi siamo stati inseriti in un alloggio di emergenza abitativa, e di lì in una casa di edilizia popolare. Con l’ingresso in appartamento sono cresciute le pressioni dei miei genitori che volevano integrarsi e che riponevano in noi figli grandi aspettative».
La potenza evocativa dei racconti di Rašid fa il paio con un’esperienza di vita che tanto ha da insegnare, sul tema dell’integrazione. Si rivolge ad insegnanti, ai rappresentanti delle istituzioni e all’opinione pubblica: «Abitare in un campo non è facile per la frequenza scolastica. E’ vergognoso vivere senza luce, acqua, servizi. E’ rimanere il bambino zingaro con tutti i pregiudizi che ti porti dietro e dentro».
La mostra, inserita nel progetto Latcho Drom, finanziata dal Right Equality and Citizenship Programme (2014-2020) dell’Unione Europea, vuole combattere la discriminazione e favorire l’inclusione di Rom e Sinti nelle Comunità locali. Si affianca ad attività laboratoriali nelle scuole, a misure per l’accesso scolastico, a corsi di formazione per operatori del settore e a strumenti di sostegno per la regolarizzazione dei titoli di soggiorno di persone appartenenti al popolo Rom.
Il percorso, proposto dalla Comunità Papa Giovanni XXIII che è capofila del progetto, vede la partecipazione fra gli altri di Rambo Bologna Halilovic. Anche lui ha vissuto l’esperienza di una infanzia vissuta in un campo nomadi; poi ha avuto l’opportunità di venire accolto in una comunità d’accoglienza e poi in una famiglia. Ora è laureando in Scienze dell’Educazione a Torino ed opera nei quartieri più fragili della città insieme alle associazioni di volontariato e all’Ufficio diocesano per la Pastorale dei Migranti.
Fra gli altri contributi al progetto si segnalano quello di Paolo Bonfanti per il materiale audiovisivo; Le illustrazioni sono di Zeljko Nikolic e di Ilaria Brotto, la progettazione grafica è di Ilaria Brotto su testi gentilmente concessi da Santino Spinelli. Fra le opere: l’installazione di una bandiera Rom cucita dal pubblico, firmata da Ivana Nikolic.
Spiega Natascia Mazzon della Comunità Papa Giovanni XXIII, curatrice del progetto insieme a Lucia Sandiano: «Circa l’11% della popolazione Rom e Sinta in Italia vive nel degrado, mentre il restante vive regolarmente in abitazioni o situazioni autonome. Eppure il mondo mediatico tende ad enfatizzare le dinamiche delle fasce marginali, lasciando credere che Rom sia sinonimo di persona restia a qualsiasi percorso di inclusione. È la stessa esistenza dei campi a creare l’emarginazione sociale. Con questo percorso presenteremo storie ed eventi che mostreranno quanto di buono fiorisce in questa cultura e tradizione tanto straordinaria quanto sconosciuta. Camminare insieme, al fianco del popolo Rom, è possibile».
La condivisione dell’Associazione Comunità Papa Giovanni XXIII con le comunità Rom risale alla fine degli anni ’80. I membri dell’associazione di Don Benzi in varie parti d’Italia ospitano minori, singoli e famiglie Rom in case famiglia, strutture di accoglienza o in roulotte parcheggiate nei cortili delle proprie abitazioni, perché abbiano un luogo sicuro dove poter stare, facendosi loro “vicini di casa”.
Per informazioni e iscrizioni: latchodrom@apg23.org
Comunicato Stampa