(DIRE) Roma, 3 Gen. – A un giorno dalle dimissioni del primo ministro di transizione Abdalla Hamdok i movimenti di disobbedienza civile nati in Sudan dopo il colpo di Stato militare dello scorso 25 ottobre hanno annunciato una nuova giornata di mobilitazione nazionale per domani. Proteste si sono tenute nelle maggiori città del Paese anche ieri. Nel corso delle manifestazioni almeno tre dimostranti sono stati uccisi dalle forze di sicurezza nella capitale Khartoum e nella vicina città di Ondurman. Sale così a 57 vittime il bilancio totale delle proteste scoppiate dopo il golpe, stando a quanto comunicato dal Central Committee of Sudanese Doctors (Ccsd), un’organizzazione di medici. Il premier, che era tornato a ricoprire questo incarico lo scorso 21 novembre nell’ambito di un accordo con i militari golpisti dopo essere stato tenuto in arresto per diverse settimane, ha giustificato la propria rinuncia ammettendo di aver fallito nell'”ottenere il consenso necessario per poter consegnare al nostro popolo la promessa di pace, giustizia senza spargimenti di sangue”. Hamdok ha affermato di aver “cercato il più possibile di evitare che il Sudan scivolasse in un disastro”, ma che adesso il Paese “sta attraversando un pericoloso punto di svolta che potrebbe minacciare la sua sopravvivenza a meno che non venga urgentemente rettificato”. Sui loro canali social i “comitati di resistenza” creati in Sudan dopo il colpo di Stato di ottobre hanno annunciato nuove proteste per domani. Alla mobilitazione ha già aderito la Sudanese Professionals Assocation (Spa), un’organizzazione che racchiude al suo interno 17 sigli sindacali, come reso noto dalla stessa associazione su Twitter. L’ormai ex primo ministro è stato uno dei protagonisti della fase di transizione iniziata nel Paese nel 2019, dopo che una rivolta popolare e un intervento dell’esercito avevano messo fine al trentennale governo dell’ex presidente Omar al-Bashir. Economista con esperienza nelle Nazioni Unite, figura inizialmente amata dalla società civile, Hamdok era stato duramente criticato per aver siglato la nuova intesa con il leader dei militari, il generale Abdelfattah al-Burhan, presidente del Consiglio sovrano di transizione. Quest’ultimo organismo, costituito sia da civili che da esponeni delle forze, ha funzioni esecutive ed è nato dopo la caduta di al-Bashir, con l’iniziale mandato di guidare il Paese verso libere elezioni entro il 2023. (Bri/ Dire) 11:38 03-01-22