Danni punitivi Usa sdoganati. Compatibile con l’ordinamento nazionale la sentenza del giudice americano che ha condannato, fra gli altri, l’Iran a ristorare gli eredi. Punitive damages: da verificare tipicità, prevedibilità e limiti
Può essere riconosciuta anche in Italia la sentenza del giudice americano laddove condanna l’Iran a risarcire i familiari delle vittime nell’attacco alle Torri Gemelle di New York l’11 settembre 2001. E ciò perché quel giudice avrebbe potuto conoscere della causa anche secondo i principi nostrani della competenza giurisdizionale. I danni punitivi, istituto di origine statunitense, sono compatibili l’ordinamento italiano, ma a determinate condizioni, che devono essere verificate in sede di riconoscimento della pronuncia straniera. Lo stabilisce la Cassazione con la sentenza 39391/21, pubblicata il 10 dicembre dalla prima sezione civile. Accolto il ricorso proposto dagli eredi che chiedono il riconoscimento esecutivo in Italia della condanna al risarcimento a carico della Repubblica islamica di Teheran e di enti iraniani emessa dalla Corte federale distrettuale di New York il 22 ottobre 2012. Il tutto in base al Fsia, il foreign sovereign immunities act che introduce una deroga all’immunità degli Stati sovrani indicati come sponsor del terrorismo internazionale. Smentita la Corte d’appello di Roma che nega la delibazione sul rilievo che designare come “Stati canaglia” Iran, Sudan, Siria e Corea del Nord determina «un’inconcepibile presunzione di assoluta di colpevolezza». Non può ritenersi in contrasto con l’ordine pubblico, scrivono gli “ermellini”, la condanna al risarcimento per le vittime di un attacco terroristico, per quanto fondata su un regime attenuato dell’onere della prova. La Cassazione è giudice del fatto sulla questione processuale e deve apprezzare il fondamento della questione sottesa. L’11 settembre «ha una risonanza mondiale che s’impone a ogni soggetto e a ogni contesto». Nella ordinanza, di cui ha scritto il sito Cassazione.net, rileva Giovanni D’Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti”, nel caso in concreto gli ermellini spiegano come non c’è dubbio che la sentenza straniera poteva conoscere della causa secondo i principi della competenza giurisdizionale propri dell’ordinamento italiano. L’immunità degli Stati sovrani dalla giurisdizione secondo le norme del diritto interno è presa come parametro per il riconoscimento della sentenza straniera. Ma deve essere contemperata col primato assoluto di valori fondamentali come libertà e dignità della persona umana: incontra dunque una deroga l’immunità dalla giurisdizione civile affermata in favore degli Stati stranieri per gli atti compiuti nell’esercizio delle prerogative del potere pubblico. E la deroga scatta per gli atti compiuti contro valori universali che trascendono gli interessi delle singole comunità statali.L’immunità, d’altronde, protegge pur sempre la funzione e non anche comportamenti che esulano dall’esercizio tipico della potestà di governo: è necessario riscontrare il nesso di non estraneità all’esercizio legittimo del potere. E ciò per non sacrificare in modo sproporzionato il diritto d’accesso a un giudice. Ma prima di riconoscere la sentenza straniera con danni punitivi bisogna verificare se è stata emessa su basi normative che garantiscono la tipicità delle ipotesi di condanna, la relativa prevedibilità oltre che i limiti quantitativi.
Comunicato Stampa – Sportello dei Diritti