Il viaggiatore senza Green pass scende dal treno perché il tampone non basta. Insufficiente il test rapido comprato in farmacia: non dà certezze su identità e data
Continua la saga del Green pass. Il viaggiatore no pass scende dal treno perché non ha con sé la certificazione verde ma soltanto un tampone rapido comprato in farmacia. E il verbale elevato dalla Polfer deve essere impugnato davanti al giudice ordinario e non dinanzi a quello amministrativo: rientra infatti nei procedimenti sanzionatori in senso stretto, nonostante l’ordine di liberare il posto impartito a voce dagli agenti per consentire al convoglio di riprendere la marcia. È quanto emerge dalla sentenza 11593/21, pubblicata dalla prima sezione ter del Tar Lazio. Non è disapplicato il decreto Green pass come chiede la viaggiatrice no pass sul rilievo che sarebbe contrario alle norme Ue. Nella sentenza, di cui ha scritto il sito Cassazione.net, rileva Giovanni D’Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti”, nel caso in concreto il giudice spiega come allo stato non è valido per viaggiare in treno il test antigenico eseguito a casa in autodiagnostica: risulta privo di garanzie sull’identità della persona e sulla data in cui è stato effettuato. A Roma Termini il capotreno si trova costretto a chiamare gli agenti: la signora no pass rifiuta di prendere i bagagli facendo accumulare a Italo un ritardo di venti minuti. Alla donna è contestato pure il reato di interruzione di pubblico servizio. È tuttavia di fronte al giudice ordinario che va impugnato il verbale Polfer perché la normativa Green pass rimanda al procedimento sanzionatorio disciplinato dalla legge 689/81, mentre l’ordine di scendere dal treno non può essere di per sé reclamato di fronte al giudice amministrativo ma può essere impugnato soltanto con il successivo provvedimento sanzionatorio. Spese della fase compensate per le difficoltà interpretative.
Comunicato Stampa “Sportello dei Diritti”