Treviso: illeciti contro il reddito di cittadinanza, denunciate 116 persone. Dovranno restituire oltre 700mila euro

Le Fiamme Gialle del Comando Provinciale di Treviso, a seguito di un’attività d’intelligence ad ampio raggio nel settore della spesa pubblica, condotta in sinergia e collaborazione con l’INPS e con la Regione del Veneto, hanno accertato in capo a 116 persone l’indebita percezione di somme per oltre 700 mila euro, in ragione dell’assenza delle condizioni legittimanti la fruizione del “Reddito di Cittadinanza” (RdC). Tale forma di assistenza economica, introdotta con il Decreto Legge n. 4 del 2019, rappresenta uno strumento di politica attiva del lavoro, di contrasto alla povertà, alla diseguaglianza e all’esclusione sociale, essendo riservato a quella fascia di popolazione che versa in condizioni reddituali disagiate o che si trova disoccupata a causa di una recente perdita del lavoro. Il sostegno economico, riconosciuto a favore di nuclei familiari in possesso di particolari requisiti di cittadinanza, residenza, soggiorno, reddituali e patrimoniali, si ottiene presentando all’INPS, telematicamente o presso i centri autorizzati (CAF), un’apposita domanda che presuppone una Dichiarazione Sostitutiva Unica (DSU) da parte dell’interessato sulla posizione patrimoniale e reddituale dell’intero nucleo familiare.

In tale contesto, le Fiamme Gialle di Treviso, al fine di assicurare che le risorse pubbliche messe a disposizione per le citate finalità siano corrisposte a chi ne ha realmente bisogno, hanno concentrato l’attività di controllo sulla veridicità dei dati contenuti nelle autodichiarazioni di coloro i quali hanno richiesto e ottenuto il RdC nel territorio provinciale. A tal fine, è stato ideato uno specifico percorso di analisi, che ha permesso di incrociare le risultanze contenute nelle diverse banche dati (tra cui il portale “Cliclavoro Veneto”, messo a disposizione dalla Regione del Veneto e da Veneto Lavoro grazie a un protocollo d’intesa, siglato con il Comando Regionale della Guardia di Finanza nel 2019) per sviluppare le notizie acquisite nell’ambito del controllo del territorio e, infine, riscontrare le informazioni emergenti dall’analisi degli stati di famiglia, in cui trova indicazione la reale composizione del nucleo familiare. I controlli hanno consentito di rilevare 116 posizioni irregolari, dislocate su tutto il territorio della provincia, con conseguente indebita percezione del reddito di cittadinanza, poiché i beneficiari non erano in possesso dei requisiti previsti dalla normativa vigente. Diverse, e in certi casi singolari, le violazioni accertate.

Per 45 persone, in gran parte cittadini stranieri, la causa della illegittima fruizione del beneficio è dovuta alla mancanza del requisito della residenza, tenuto conto che la legge prevede che il richiedente il sussidio debba essere residente in Italia da almeno 10 anni e che lo sia stato continuativamente negli ultimi due anni. Tra i richiedenti sono stati individuati anche tre italiani iscritti all’A.I.R.E., che hanno falsamente attestato di essere residenti in Italia, al solo scopo di ottenere il beneficio economico. Un coneglianese, emigrato nel 2011 in Venezuela, è rientrato in Italia nell’estate del 2019, presentando dopo appena due settimane l’istanza per accedere al RdC.

In 25 casi, gli approfondimenti svolti hanno consentito di rilevare che i beneficiari, omettendo di indicare nella Dichiarazione Sostitutiva Unica (DSU) i redditi correlati alle vincite conseguite al gioco online, hanno fornito informazioni non veritiere con riferimento alla propria posizione reddituale. In altri casi, invece, le stesse vincite sono state conseguite nel periodo in cui il RdC veniva già percepito, ma non sono state comunicate all’INPS, perché questo avrebbe fatto perdere il diritto al beneficio. Alcuni beneficiari del RdC, infatti, sono risultati titolari di conti di gioco online, utilizzati assiduamente per effettuare scommesse su eventi sportivi, oltre che per prendere parte a tornei di poker o altri giochi da tavolo. Su tali conti di gioco sono state accreditate, in alcuni casi, somme di denaro per centinaia di migliaia di euro, palesemente incompatibili con uno stato di indigenza economica. Significativi, in tale contesto, sono i casi di due disoccupati: un 54enne, residente a Treviso, che ha vinto oltre 1,6 milioni di euro, e un 48enne, residente a Conegliano, che ha incassato circa 500 mila euro. In 17 occasioni, invece, l’irregolarità ha riguardato l’omissione, nella dichiarazione sostitutiva unica, di informazioni reddituali rilevanti – quali redditi percepiti, anche per attività di lavoro dipendente, e disponibilità immobiliari – che, se correttamente indicate, avrebbero posto i richiedenti al di fuori dei limiti previsti per l’ammissione all’istituto in parola. Tra le tante, emerge la posizione di una cittadina kosovara, residente a Treviso, che non aveva indicato nel proprio nucleo familiare la presenza di un soggetto, proprietario di immobili dati in locazione a terzi, e quella di un senegalese, residente a Castelcucco, che non aveva indicato che altri sei componenti del proprio nucleo familiare percepivano redditi da lavoro dipendente.

Diversi sono, ancora, i casi di mancata comunicazione, successivamente alla dichiarazione, della variazione delle condizioni che davano diritto al RdC: 12 persone hanno omesso di comunicare di aver iniziato un’attività lavorativa, mentre altre 5 hanno avuto variazioni nella composizione del proprio nucleo familiare, senza però informare l’INPS.

In altre 3 circostanze, i soggetti beneficiari sono risultati proprietari di autoveicoli immatricolati la prima volta nei sei mesi antecedenti la richiesta del RdC, o di autoveicoli di cilindrata superiore a 1.600 cc o motoveicoli di cilindrata superiore a 250 cc, incompatibili con la percezione del predetto beneficio economico. Una di queste persone, nel periodo di fruizione del RdC, ha addirittura acquistato un lussuoso SUV Maserati “Levante”. Tra coloro che hanno percepito indebitamente l’erogazione pubblica figurano, infine, 9 persone che hanno omesso di comunicare la presenza, all’interno del proprio nucleo familiare, di soggetti in stato detentivo, circostanza quest’ultima che incide sui parametri normativi fissati per l’erogazione del reddito. Tutte le irregolarità accertate sono state segnalate all’INPS per l’avvio delle procedure di revoca del beneficio e restituzione delle somme indebitamente percepite, ammontanti a oltre 700 mila euro, mentre i responsabili sono stati denunciati alla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Treviso, atteso che l’indebita percezione del beneficio è punita con la reclusione da due a sei anni, nei casi di presentazione di dichiarazioni attestanti cose non vere, e con la reclusione da uno a tre anni, nei casi di omessa comunicazione delle variazioni del reddito o del patrimonio, successive alla presentazione della dichiarazione. L’operazione portata a termine testimonia, ancora una volta, il costante impegno della Guardia di Finanza di Treviso nel settore della spesa pubblica, con l’obiettivo di assicurare che i benefici concessi dallo Stato, soprattutto nell’attuale fase emergenziale, siano destinati a favore di coloro che ne hanno effettivamente diritto e concretamente bisogno.

Comunicato Stampa – Guardia di Finanza Comando Provinciale Treviso

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