Global Witness: maglia nera a Colombia, seguono Messico e Brasile
(DIRE) San Paolo (Brasile), 14 set. – L’America Latina è la regione più pericolosa per i difensori dell’ambiente e del diritto alla terra: lo indica un rapporto diffuso dall’ong Global Witness. Nell’area, secondo lo studio, figurano infatti sette dei dieci Paesi che hanno registrato il maggior numero di morti tra gli attivisti.
Nel mondo, nel 2020, le vittime sono state almeno 227. La media degli assassinii è di quattro a settimana. Il Paese piu’ pericoloso risulta la Colombia, con 65 morti nel 2020. Seguono il Messico, con 30, e le Filippine.
Il Brasile è al terzo posto in America Latina e al quarto nel mondo, con 20 attivisti e rappresentanti sociali uccisi solo nel corso del 2020. Più del 70% dei casi si è verificato in Amazzonia e la metà di questi ha coinvolto le popolazioni native che tradizionalmente abitano queste regioni.
Secondo Global Witness, la principale ragione all’origine di queste morti a livello globale è il disboscamento, come dimostrano le storie dei difensori dei diritti ambientali assassinati in Brasile: Zezico Rodrigues Guajajara, Ari Uru-Eu-Wau-Wau e Kwaxipuru Kaapor.
Secondo gli esperti, in Brasile si muore anche per tutelare il diritto alla terra e la riforma agraria. A rischio anche chi lotta contro l’estrazione illegale, l’agrobusiness e per tutelare le risorse idriche e le dighe.
Il report di Global Witness evidenzia anche un collegamento diretto tra il numero di attacchi e il grado di libertà civili di ciascun Paese, sulla base dei dati forniti dall’iniziativa Civicus, che classifica il Brasile nella lista dei 46 Paesi dove tali libertà sono limitate.
A questo proposito, lo studio dell’ong conclude avvertendo che quasi 50 dei 227 omicidi globali sono avvenuti in regioni dove i diritti sono limitati e oltre 150 dove c’è repressione.