Cassazione, nuovo principio di diritto: protezione umanitaria all’omosessuale anche se ha fatto outing in Italia a processo già in corso

La delicatezza delle informazioni giustifica la reticenza nell’esternazione da parte dello straniero che verrebbe condannato penalmente nel paese d’origine

Ha diritto alla protezione umanitaria l’omosessuale che ha fatto outing in Italia a processo già in corso se nel paese di provenienza l’orientamento è un reato. È quanto affermato dalla Corte di cassazione che, con l’ordinanza n. 22480 del 6 agosto 2021, ha accolto il ricorso di un pakistano al quale era stata negata la protezione in quanto aveva palesato il suo orientamento sessuale troppo tardi. Ad avviso della prima sezione civile, in tema di protezione internazionale, qualora vi sia incertezza sull’effettivo orientamento omosessuale dichiarato dal richiedente la protezione, ovvero sull’autenticità dei documenti dallo stesso prodotti a sostegno della domanda, il giudice di merito deve disporre, anche in via ufficiosa, gli approfondimenti istruttori ritenuti opportuni al fine di verificare l’attendibilità del racconto e della documentazione a corredo, non potendosi ritenere inattendibile il racconto sulla base dell’assunto aprioristico secondo cui la deduzione dell’omosessualità da parte del richiedente sarebbe frutto di una scelta difensiva finalizzata soltanto ad ottenere la protezione invocata. Né può trascurarsi che, evidenzia Giovanni D’Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti”, in tema protezione internazionale, la condizione di omosessualità dichiarata dal richiedente costituisce fattore di individuazione del particolare gruppo sociale, la cui appartenenza, ai sensi dell’art. 8, comma 1, lett. d), dei d.lgs. n. 251 del 2007, integra una situazione oggettiva di persecuzione idonea a fondare il riconoscimento dello status di rifugiato; tale situazione sussiste non solo quando le persone di orientamento omosessuale, per poter vivere liberamente la propria sessualità, sono costrette a violare la legge penale del loro Paese e ad esporsi a gravi sanzioni, ciò che costituisce una grave ingerenza nella  vita privata che ne compromette la libertà personale e li pone in una situazione di oggettivo pericolo che deve essere verificata, anche d’ufficio, dal giudice di merito, ma anche se nello Stato di provenienza l’omosessualità non sia considerata reato, e tuttavia manchi l’accettazione sociale di tale condizione e tale Stato non garantisca all’interessato adeguata protezione a fronte di gravissime minacce provenienti da soggetti privati.

c.s. – Giovanni D’Agata

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