La DaD, acronimo di Didattica a Distanza, è stata la formula d’insegnamento degli studenti italiani di ogni ordine e grado durante l’emergenza sanitaria generata dal Covid-19. Le università si sono dunque dovute adattare ad una forma di docenza quasi del tutto nuova per molte di loro.
L’e-learning infatti nel nostro paese è sempre stato ad appannaggio delle università online, come l’Università Telematica Niccolò Cusano, che negli anni hanno costruito una metodologia talmente efficace che ha consentito loro di essere equiparate alle università tradizionali ed essere riconosciute dal MIUR. In altri contesti europei, come quello anglosassone, la didattica a distanza convive da anni con i sistemi tradizionali di insegnamento ed è un metodo ampiamente utilizzato per consentire a sempre più studenti di poter partecipare all’attività didattica in maniera flessibile.
La Dad forzata è stata dunque un’occasione per mettere in luce le problematiche del sistema formativo in Italia e comprendere le potenzialità di questo metodo, che apre le porte ad un’università più tecnologica e più vicina alle esigenze degli studenti
Docenti soddisfatti
Le prime indagini condotte sull’effetto della DaD sono sorprendentemente positive. Oltre la metà dei docenti intervistati, il 54% su 3400 professori universitari coinvolti, ritiene la didattica a distanza uno strumento utile per dare all’Università una nuova spinta. A confermare quest’interesse per la DaD è anche la crescita degli iscritti nell’anno accademico 2020/21, con un +2,3%, favorendo tutti gli atenei nazionali, scelti anche per la possibilità di poter seguire le lezioni da casa e di recuperare materiale di studio senza problemi. L’offerta ibrida, che unisce lezioni in presenza alla possibilità di seguire parte dei corsi da casa, è dunque una soluzione che piace e che apre a nuove soluzioni.
Un aiuto per la digitalizzazione
La DAD è stato un acceleratore di digitalizzazione per gli atenei italiani, che hanno avuto così la forza di investire in infrastrutture e tecnologie svecchiando i vecchi sistemi. Gli atenei più prestigiosi possedevano già diversi mezzi tecnologici e una buona rete telematica, ma il ricorso alla didattica a distanza ha favorito anche la riflessione su nuovi piani di studio da proporre, vicini ai potenziali studenti che magari lavorano o non possono spostarsi e che possono seguire le lezioni da casa raggiungendo il traguardo della laurea. I professori universitari, nonostante le difficoltà iniziali, si sono inoltre resi conto delle potenzialità della tecnologia e si sono messi in gioco dal punto di vista professionale per studiare nuove forme di insegnamento e contribuire alla promozione di nuove metodologie didattiche utili per creare i corsi di studio del futuro.
DaD come risorsa di crescita
L’Italia è penultima in classifica per numero di laureati rispetto all’Europa, con un 27,6% di laureati tra i 30 e i 34 anni. Nuove forme di insegnamento e una maggiore apertura a corsi di laurea interattivi, che puntano sull’e-learning per favorire la diffusione della conoscenza, potrebbe far aumentare questi numeri ed ampliare la platea. Un aspetto dunque importante per essere competitivi in Europa dal punto di vista della preparazione e del lavoro, visto che i laureati italiani sono i meno pagati d’Europa,in quanto le politiche del lavoro nel nostro paese sono obsolete e non c’è una cultura del salario minimo garantito. Le risorse digitali saranno dunque cruciali per cambiare il sistema sociale e del lavoro.