Gli insegnamenti di don Luigi Sturzo ritornano attuali in giorni in cui alla libertà ci si appella piegandola a lasciapassare per fare ciò che si vuole per sé, impedendo che altri possano godere dello stesso diritto almeno nel campo dell’espressione e del pensiero. Accade con la Chiesa, messa alla gogna per aver attivato strumenti procedurali leciti perché previsti da accordi internazionali e ancor più per aver osato esprimere un punto di vista su disegni di legge, quali il ddl Zan, in discussione in Parlamento. Le preoccupazioni espresse con nota verbale dalla Santa Sede, nell’ambito del diritto internazionale, nel merito dell’articolato sono condivisibili e condivise, come lo è l’invito non ad un blocco delle attività parlamentari o al ritiro del provvedimento, ma semplicemente ad un suo approfondimento ed eventuale ri-modulazione. Eppure, è bastato questo per far salire la marea dell’anticlericalismo, originato da un relativismo secondo il quale il Papa è Maestro di vita se – giustamente – elogia modelli alternativi al capitalismo consumistico, ma diventa d’improvviso un avversario (per molti, un nemico) se le istituzioni ecclesiali chiedono, con altrettanta forza, che si rispetti la libertà di pensiero e di educazione.
CEC, Mons. Vincenzo Bertolone. “Libertà va cercando…”
«La libertà è così alto dono della vita umana che purtroppo ognuno vuole per sé e nega agli altri»
Nelle ultime ore, per contestare il diritto della Chiesa a manifestare un’opinione, si è assistito a tutto e di più, tirando fuori dalla naftalina anche le fake news – un tempo di moda e oggi nuovamente in voga – legate al mancato pagamento dell’Imu da parte del Vaticano. Falso, ovviamente. Vera e profonda, invece, è l’amarezza a fronte di un laicismo che intende la laicità come esclusione della religione o della Chiesa dalla vita pubblica, politica, giuridica, sociale, magari attraverso la riduzione al silenzio nel campo morale che precede e orienta le scelte politiche e legislative. Non può essere così. Soprattutto non è così: sia in virtù dei principi fondanti del sistema democratico – all’interno del quale nessuno, neanche un appartenente alla Chiesa, può essere silenziato in ragione della propria opinione – sia in ragione della missione della Chiesa che è e rimane costante nel tempo, cioè la salus animarum. Lo aveva già sancito la Corte costituzionale, stabilendo con una sentenza del 1988 che laicità non significa «indifferenza dello Stato dinnanzi alle religioni, ma garanzia dello Stato per la salvaguardia della libertà di religione, in regime di pluralismo confessionale e culturale». Né più né meno di quanto previsto dal tanto vituperato Concordato, che non è un testo religioso ma la traduzione bilaterale più giuridica e laica che vi possa essere per far sì che Chiesa e Stato siano distinti senza opposizioni, delimitati senza conflitti, liberi senza oppressioni, autonomi senza autoreferenzialità.
Insomma, a guardarla con occhi (davvero) laici, la Repubblica italiana riconosce alla Chiesa cattolica la piena libertà di svolgere il proprio Magistero e garantisce alla Chiesa stessa e ai cattolici piena libertà di pensiero e di espressione, in applicazione del dettato costituzionale che la assicura a tutti. Ed in questo nessun cedimento può esservi: prendendo a prestito le parole del beato Antonio Rosmini, la Chiesa non chiede privilegi, ma libertà.