L’ONG speed: 149 incinte in soli 4 villaggi del Nord Kivu
(DIRE) Roma, 25 Giu. – Dall’inizio della pandemia di Covid-19, a causa delle misure di isolamento e della chiusura delle scuole, ben 169 adolescenti tra i 13 e i 17 anni sono rimaste incinte solo in quattro villaggi del Nord Kivu. Questa provincia nell’est della Repubblica democratica del Congo è già nota per l’alto tasso di disoccupazione e per le violenze condotte dei gruppi armati contro le comunità locali per controllare le numerose risorse naturali del territorio. Durante il lockdown, però, bambine e adolescenti sono state esposte a un’ulteriore minaccia su cui ha indagato l’ong Sauveurs de la paix et l’environnement pour le développement de la Rdc (Speed Rdc).
In un report rilanciato anche dall’emittente locale delle Nazioni Unite, Radio Okapi, i responsabili registrano i casi di gravidanze precoci. Il direttore di Speed Rdc, Robert Kakule Madirisha ha spiegato la ragione di questo lavoro: “Siamo una ong che offre servizi di protezione. Svolgevamo le nostre attività quando ci siamo accorti di quante giovani intorno a noi, che non arrivavano neanche ai 15 anni, fossero intente ad allattare i propri figli”. Da qui l’idea del monitoraggio che riguarda solo i quattro villaggi di Kasugho, Kagheri, Lubero e Lukanga, tra le città di Goma e Butembo.
Con una media di 40 mamme bambine a villaggio, per gli esperti dell’ong la ragione di questa situazione risiederebbe nella sospensione delle scuole per prevenire i contagi da Covid, esponendo le bambine alle violenze di parenti, vicini di casa o estranei. L’ultimo stop c’è stato da dicembre a febbraio scorso.
Il report si conclude con delle raccomandazioni: “Abbiamo esortato i genitori a denunciare qualsiasi abuso sessuale perpetrato contro i minori” ha spiegato ancora Madirisha, aggiungendo che anche i centri medici “possono automaticamente occuparsi dei casi quando si imbattono in questi casi”.
Il fenomeno dell’aumento degli abusi domestici e delle violenze di genere durante il lockdown è stato al centro di diversi rapporti e inchieste giornalistiche di tutto il mondo.
L’Unicef lo scorso novembre ha dedicato un focus speciale all’Africa subsahariana nel report ‘Covid-19: A Catastrophe for Children in Sub-Saharan Africa’, in cui avvertiva che già prima della crisi pandemica in questa regione ogni mese si registravano in media 57.000 casi di abusi fisici, psicologici e sessuali contro i minori. La pandemia ha causato l’aumento della disoccupazione, spingendo gli adulti a rifugiarsi a volre nel consumo di alcol e droghe. Combinato alle misure di isolamento, gli abusi contro i minori per Unicef potrebbe essere un fenomeno addirittura sottostimato.
A titolo di esempio, viene citato il caso dell’epidemia di ebola in Sierra Leone nel 2011, quando nei villaggi più colpiti le adolescenti rimaste incinta tra i 12 e i 17 anni aumentarono dell’11%. Ci sono però studi che rivelano addirittura un aumento del 50% del fenomeno osservato in concomitanza con la chiusura delle scuole.
Quanto all’attuale pandemia di Covid-19, lo studio Unicef avverte che in Kenya nei primi tre mesi della pandemia si sono registrate 150.000 teenager incinte, mentre gli ospedali hanno riscontrato un aumento dell’80% degli accessi per gravidanze tra le minorenni tra marzo e giugno del 2020. In Malawi, nella prima metà del 2020 le minori in gravidanza sono aumentate del 35%, in Sierra Leone del 30% mentre nel distretto di Nowya, in Uganda, si è osservato che le mamme bambine sono raddoppiate tra aprile e giugno 2020, rispetto al periodo gennaio-Marzo. (Alf/Dire) 18:03 25-06-21