Martedì il tribunale penale di Bruxelles ha emesso una condanna a un anno di reclusione nei confronti di un uomo che ha cercato di volare all’aeroporto di Bruxelles con un test PCR falsificato. In Belgio questa è la prima tale condanna dall’annuncio del 27 aprile da parte del Consiglio dei procuratori generali che sarebbero state prese misure rigorose contro questi reati. Tra il 19 aprile e l’11 giugno, 576 persone sono state arrestate all’aeroporto di Bruxelles con un test PCR falsificato. Dal 19 aprile è di nuovo possibile per i belgi viaggiare all’estero. Al ritorno, tuttavia, il viaggiatore deve compilare un modulo di localizzazione del passeggero (PLF). Per contrastare gli abusi, il Collegio dei Procuratori Generali ha pubblicato le linee guida sulla persecuzione delle persone che falsificano questi moduli o certificati relativi ai test di screening Covid. Queste prevedono che le persone che producono o utilizzano documenti falsi devono essere citate immediatamente al tribunale penale, ma l’accusa può scegliere di proporre prima una transazione stragiudiziale per un importo di 750 euro. L’uomo condannato martedì si è presentato in aeroporto con un documento che attestava un test PCR negativo. Tuttavia, dopo la verifica, si è scoperto che si trattava di un falso, il truffatore ha subito ammesso che si trattava di un documento che era stato consegnato a un suo amico che, lui, aveva superato il test. L’uomo, avendo rifiutato la composizione amichevole, l’accusa lo ha convocato davanti al tribunale penale. Nemmeno l’imputato si è presentato in giudizio. E’ stato quindi severo nella sua decisione. “Il mondo è stato colpito da una pandemia dall’inizio del 2020 e non è ancora sotto controllo. La condotta del convenuto non è quindi solo antisociale, ma potenzialmente pericolosa per la vita. In questo caso è appropriata solo una punizione severa”. Per Giovanni D’Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti”, Stato che vai, regola che trovi. Se da una parte l’Italia ha più o meno uniformato le norme per poter viaggiare all’estero, dividendo i Paesi in “gruppi”, dall’altra bisogna prestare attenzione alle singole decisioni prese da ogni nazione, anche all’interno della stessa Unione europea. Per l’ennesima volta, infatti, le istituzioni europee annunciano l’intesa sul cosiddetto “green pass”. Ma potrebbe non bastare. Ogni Stato membro finora si è mosso in maniera autonoma e quindi, anche per i viaggiatori incalliti, districarsi nella babele di regole non è semplice. Ad oggi, per entrare nei Paesi, da padrone fanno i test molecolari, da effettuare entro le 48-72 ore precedenti l’arrivo, passepartout quasi ovunque, ma c’è anche chi ha introdotto altre certificazioni valide, come quella di avvenuta vaccinazione o quella di avvenuta guarigione.
C.S. “Sportello dei Diritti”