«Vorrei condividere con i miei concittadini una riflessione sul tanto atteso “Water Front”. Che poi, appellarlo tale, adesso, tenendo conto del mastodontico progetto iniziale, mi sembra un attimino esagerato. Scelte. Reso imponente già solo dalla semplice traduzione inglese della parola lungomare, questo progetto in poco più di un decennio è passato dall’essere considerato chimera irraggiungibile, emblema dell’esagerazione della ricerca estetica dell’Amministrazione comunale di allora, ad essere oggi promossa come l’opera simbolo del rilancio, in grado di risollevare le sorti di una Città in ginocchio sotto tutti i punti di vista. Ecco, è proprio questo netto cambio di giudizio dovuto ad opposti tempi politici che non mi garba. Questa mia analisi ad alta voce, infatti, non intende entrare nel merito delle potenzialità e/o dei vantaggi intrinseci. Anzi, su quelli credo siamo tutti d’accordo: una ventata d’aria fresca al centro Città non può che far bene.
Piuttosto, io parlo di controsensi politici, di prese di posizione aprioristiche, contraddizioni simili se vogliamo a quanto successo – in tempi diversi ovviamente – con le questioni Porto e Aeroporto di Reggio. Finché non ce ne siamo occupati noi, con le rispettive attività parlamentari ed emendative, nemmeno un minimo accenno d’interesse per entrambe le infrastrutture da parte di Comune e Città Metropolitana. Salvo poi però, immediatamente dopo i nostri risultati, costituire una task-force pro aeroporto (di cui non si hanno notizie e che non serve a nulla se non forse a dare qualche finto incarico a qualcuno), o avviare contatti con l’Autorità di Sistema portuale per il porto. Ecco la storia del Water Front è un po’ come queste due più recenti: cambi repentini di giudizio, di interesse, di approccio, di progettualità.
È qui il deficit più netto e palese, a mio modo di vedere. Cosa hanno in comune tutti gli interventi che ho citato finora? Un’idea, un progetto, una programmazione. Di conseguenza, è questo che spicca nella vicenda del Water Front e non solo del Water Front, appunto: l’assenza di programmazione odierna. Intravedo, in altre parole, una sorta di rincorsa alla visibilità, a porre il famoso “cappello” su opere che in realtà hanno altra paternità. Attenzione, non voglio essere frainteso, sia chiaro: quando si tratta di opere pubbliche e di bene comune, a raggiungere un risultato è la Città, non l’amministrazione rossa, nera, bianca o di qualsivoglia colore. La cosa che mi turba è quindi il volersi accaparrare a tutti i costi un’altrui appartenenza. Se l’idea, la forza di portarla avanti, il progetto, il merito di averci creduto, sono stati di Giuseppe Scopelliti e della sua squadra di governo, perché non ammetterlo? Non credo sia un atto di debolezza o di remissività. Anzi. Gran cosa l’umiltà.
Detto questo, e premesso che ho sempre pensato che soltanto gli stupidi non cambino idea, al contempo ritengo che in politica la coerenza sia gran dote, rara sicuramente. Mi domando e dico, pertanto, cosa possa spingere nel giro di pochi anni la stessa persona, la stessa Amministrazione, ad agire in maniera totalmente contrapposta, contraddittoria per molti versi, seppur ricoprendo la stessa posizione istituzionale. Ricordo bene le facili ironie della Sinistra alla primordiale idea innovativa della Giunta Scopelliti, tacciata di altezzosità e presunzione nel pensare di poter coinvolgere Zaha Hadid in qualcosa che riguardasse la riva calabrese dello Stretto. Eppure Zaha Hadid fu coinvolta eccome. Ricordo ancora meglio le aspre critiche al CentroDestra, accusato di disattenzione rispetto alle quotidiane difficoltà cittadine quando il progetto venne approvato e finanziato. Eppure i fondi c’erano, eccome.
Ciononostante, pochi anni più tardi, il primo tempo dell’Amministrazione guidata da Giuseppe Falcomatà, con un colpo di penna, addirittura tagliò quel progetto che oggi esalta, considerandolo simbolo della progettualità innovativa di quel CentroDestra che, a dire dell’altra sponda politica, a Reggio aveva lasciato solo debiti e sfracelli (lo dice tutt’oggi, oltre un decennio dopo). In un certo qual modo quindi fu una scelta coerente quella del primo mandato di Falcomatà. Insensata a parer mio, ma coerente. Nel frattempo da allora ne è passata di fuffa sotto i ponti (non sotto quello del Calopinace, che aspettiamo con ansia per poter fruire di un’altra opera a metà: il Parco Lineare Sud, altra idea che trova origine nell’Amministrazione di Peppe Scopelliti).
Adesso, dunque, cosa è cambiato a Palazzo San Giorgio a tal punto da sovvertire la rotta verso il tanto disprezzato Water Front? Domanda retorica … Nulla. Si è solo perso tempo e una grossissima opportunità, quella di poter dare già oggi come prima impressione a chi arriva a Reggio Calabria una splendida opera, imponente, futuristica, unica al mondo, vale a dire l’opera per come originariamente progettata da Zaha Hadid. Tra poche ore ne vedremo un surrogato, che potrà anche essere esteticamente gradevole, ma non sarà di certo la stessa cosa di quel maestoso progetto. Malgrado ciò, sono certo che quello che verrà inaugurato domani, nonostante sia privo dell’opera primaria progettata da uno degli architetti più noti e geniali al mondo, sarà uno splendido biglietto da visita per tutti coloro che arrivando a Reggio vedranno finalmente qualcosa di decoroso, non ruderi e degrado. Traducibile come detto prima semplicemente con l’italiano lungomare, il termine waterfront analizzato letteralmente indica un “fronte di territorio a contatto con l’acqua”, un fronte che finalmente si è rifatto il look e del quale andrò fiero da reggino, a prescindere da chi metterà il famoso “cappello” sull’opera. Perché se qualcosa di buono, di bello viene realizzato, indipendentemente da tutto e tutti, non posso che rallegrarmene. A riprova di ciò che qui ho appena scritto, personalmente invitato dal Sindaco Giuseppe Falcomatà, io all’inaugurazione ci sarò. Ci sarò perché istituzionalmente corretto. Ci sarò perché la mia Reggio viene prima di tutto. Ci sarò perché sono di Reggio, il mio cuore è di Reggio, e tutto ciò che riguarda Reggio riguarda anche me ».
Francesco Cannizzaro