Il virus si è fatto beffa di un mondo dominato dall’ansia di fornire le risposte giuste per ogni evenienza, della perenne tentazione di avere sempre tutto sotto controllo. Si è continuato a pensare che quel qualcosa di male non stesse capitando a noi, e che di sicuro tutto sarebbe stato risolto nel giro di un mese. Invece, non è così, ed in genere non lo è mai. Anche oggi che non si respira l’aria di morte della primavera scorsa, si vive l’ansia legata ai vaccini, a un traguardo che sembrava a portata e invece si allontana. Ciò è il sintomo di una società a disagio nel prendere le dure decisioni di cui v’è bisogno, riflesso delle debolezze della politica che, abbandonati gli ideali e le visioni di lungo respiro, anche religiose, si è ridotta in gran parte a mera comunicazione e propaganda. E con la politica sospesa o in ritirata, si è assistito ad una ulteriore deresponsabilizzazione di essa a vantaggio degli apparati non-politici, tecnici, scientifici, burocratici, spesso anche finanziari, che hanno finito con il determinare sempre più la vita dei cittadini senza neppure il rischio di dover essere sottoposti al controllo ed al giudizio dell’elettorato, nella logica di quel paradigma tecnocratico che, se assolutizzato, produce quegli effetti così descritti da Papa Francesco nella Laudato sì: «La tecnologia che, legata alla finanza, pretende di essere l’unica soluzione dei problemi, di fatto non è in grado di vedere il mistero delle molteplici relazioni che esistono tra le cose, e per questo a volte risolve un problema creandone altri».
comunicato stampa – fonte: http://www.calabriaecclesia.org/Pages/NewsDetail/11611/La_riflessione_domenicale_del_Presidente_della_CEC,_Mons_Vincenzo_Bertolone_Il_diritto_di_essere_chiamati_uomini