Alcuni tra i più importanti vitigni storicamente presenti del cosentino, e non solo, sono stati iscritti nel Registro nazionale delle varietà di vite grazie alle modifiche ed integrazioni apportate con il Decreto 10 febbraio 2021 del Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali, da poco pubblicato in Gazzetta Ufficiale.
Con questa ultima iscrizione si concludono le attività avviate nel 2016, aventi l’obiettivo di tutelare e garantire alla viticoltura del cosentino l’utilizzo dei vitigni storicamente presenti sul territorio provinciale, come già fatto con il Magliocco Dolce e il Brettio Nero.
“Le attività sono andate oltre i risultati previsti e la Camera di Commercio di Cosenza, che da sempre è impegnata attivamente nella tutela e valorizzazione dei prodotti di qualità, è lieta di aver contribuito, sostenendo fin dall’inizio tale iniziativa, che ha portato ad una proficua collaborazione tra il Consorzio di Tutela della DOP Terre di Cosenza, associazioni di categoria, enti di ricerca, comune di Verbicaro, Altomonte e Dipartimento di Agricoltura della Regione Calabria come mai si era fatto fino ad ora”, afferma Klaus Algieri, Presidente della Camera di Commercio di Cosenza.
Le attività realizzate dal gruppo di ricerca costituito dal CRSFA “Basile Caramia”, dall’ARSAC e dal Sinagri srl (spin-off dell’università degli studi di Bari), hanno portato all’iscrizione del Lagario Nero presente nell’alto Jonio cosentino, del Grecarese Nero coltivato nell’alto tirreno cosentino ed in particolare a Verbicaro, dove è localmente denominato “Greco Nero di Verbicaro”, del Negrellone Nero presente nelle antiche vigne dei comuni di Montepaone e Gasperina ed in conservazione presso i campi collezione dell’ARSAC. Si è giunti, inoltre, al riconoscimento di importanti denominazioni tra cui il Vujino coltivato a Verbicaro e la Duraca presente nei vigneti delle zone rurali di Verbicaro e Saracena, dove contribuisce all’ottenimento di prodotti identitari di alta qualità.
Si conclude anche il lavoro di recupero dell’antico vitigno citato da Plinio il Vecchio nella sua “Naturalis Historia”, il famoso Balbino di Altomonte. “Tale vitigno è già stato avviato a delicate fase di miglioramento sanitario per la produzione di materiale di moltiplicazione in linea con le normative fitosanitarie vigenti, in modo da garantire la futura fornitura di barbatelle certe sia dal punto di vista genetico che sanitario”, aggiunge il Dott. Vincenzo Roseti, referente del gruppo di ricerca pugliese ma calabrese di origine.