In questi giorni di “festa”, ma che purtroppo stiamo vivendo in modo non propriamente “festoso”, è fonte di sollievo dell’anima riflettere brevemente sul significato filosofico del Natale (e sul grande dono che l’umanità ha ricevuto), che, come si vedrà a breve, non si contrappone ma si armonizza in quello di matrice religiosa, soprattutto occidentale e cristiana. E’ necessario un preambolo chiarificatore. La filosofia, etimo composto dal verbo philèin, che significa amare, e da sophia, che significa sapienza, vuol dire “amore per la sapienza”. Una qualità della filosofia è quella di rendere l’uomo felice e, come diceva Platone, la filosofia è anche amore: “La sapienza è una delle cose più belle ed Eros è amore per il bello. Perciò è necessario che Eros sia filosofo”.
Un’altra qualità della filosofia è quella di stupire, di meravigliare, perché: “Gli uomini hanno iniziato a filosofare, ora come in origine, a causa della meraviglia: mentre da principio restavano meravigliati davanti alle cose più semplici, in seguito, progredendo a poco a poco, giunsero a porsi problemi sempre maggiori” (Aristotele, Metafisica). La filosofia è dunque sapienza, è meraviglia, è amore. E queste qualità, per esser effettivamente feconde per ciascuno, devono svolgere una funzione catartica dell’animo umano e generare uno spostamento dell’asse della vita (sia del pensiero che dell’azione) che deve coinvolgere l’uomo individuo e l’umanità tutta. Ecco dunque come e perchè avviene l’incontro tra l’idea filosofica del Natale e quella religiosa, specie occidentale e cristiana. Nei cuori e nelle menti di chi crede che il Cristo sia il Salvator Mundi si origina un sentimento di amore, di meraviglia, di stupore, di gioia, di prodigio, che trova il suo dies festus proprio nel giorno del Natale.
Il Natale è perciò uno straordinario spartiacque che agisce nella concretezza quotidiana e la filosofia ne certifica l’importanza: è un evento spirituale (non importa se formato da spiritualità “laica” o “religiosa”) che ha un effetto efficacemente rigeneratore su tutti coloro che lo accettano con purezza di cuore e purchè motivati da una tensione spirituale che anela la catarsi dell’anima. Attualizzando i brevi concetti appena esposti, si può osservare che da circa 10 mesi il globo terracqueo vive un tempo di paura inimmaginabile. Eppure, a ben vedere, e non può certo essere una casualità, proprio il tempo della rigenerazione che stiamo vivendo in questi giorni ha portato meraviglia, amore e felicità. Il 27 dicembre 2020, il giorno di San Giovanni l’Evangelista, subito dopo la vittoria della Luce sulle tenebre, l’Uomo, con la sua intelligenza, con il suo sforzo, con la sua straordinaria e indomabile volontà, ha regalato a se stesso il vaccino contro la virulenza pandemica e lo ha fatto, quantomeno per l’esperienza dei paesi costituenti il continente europeo, in modo simultaneo, così integrando anche il concetto di eguaglianza (in questo caso tra i popoli) che costituisce uno dei lati del triangolo illuministico. E come rispondono la nostra mente, il nostro cuore, la nostra anima, il nostro io recondito, di fronte a un evento di così storica portata? Si stupiscono, si meravigliano per la prodigiosa scoperta, provano amore per la scienza che ne è la madre indiscussa, hanno gioia e speranza di uscire dal buio dell’incubo, si elevano catarticamente verso l’alto e lo Spirito Creatore. Nel tempo del Dies Natalis Solis Invicti, nel tempo in cui la Luce ha sconfitto la tenebra, il Natale ha donato all’Uomo la gioia più bella e più gravida di futuro, la speranza.
Tonino Salsone