Un anno terribile
La pandemia e le misure restrittive disposte per il contenimento dei contagi hanno avuto un impatto pesantissimo sui redditi degli italiani. I consumi – in particolare – hanno pagato un forte tributo: quest’anno saranno quasi 110 miliardi in meno, per via della riduzione dei redditi disponibili ma anche a causa delle chiusure delle attività e della crescita del risparmio per motivi precauzionali. Tale caduta non è distribuita in maniera uniforme fra le diverse componenti della spesa: soprattutto in questa seconda fase della pandemia, i lockdown hanno riguardato solo il terziario, mentre nella prima fase c’era stato un blocco sostanzialmente generalizzato, del quale, però gli effetti particolarmente negativi si erano indirizzati al settore turistico che fino a luglio era rimasto sostanzialmente inattivo.
I redditi
A soffrire di più sono i redditi da lavoro autonomo e da lavoro dipendente privato, che registrano flessioni rispettivamente del -13% (-40 miliardi) e del -11% (-62 miliardi) per una perdita totale di oltre 100 miliardi di reddito. Un vero e proprio crollo compensato, ma non completamente, dalla stabilità del reddito dei dipendenti pubblici e, soprattutto, dall’ingente massa di trasferimenti – per un valore vicino ai 65 miliardi – predisposti dallo Stato durante il 2020, tra bonus, cassa integrazione, redditi di emergenza, di cittadinanza, crediti di imposta e aumenti delle pensioni. Un fiume imponente di risorse che, però, non basta a ripianare le perdite, che sono pesanti soprattutto per imprenditori e lavoratori del commercio all’ingrosso e al dettaglio, alloggio e ristorazione, che hanno perso a causa del Covid circa 15,3 miliardi di euro di reddito.
L’impatto sulle imprese
L’onda d’urto del Covid19 ha colpito dunque gravemente soprattutto le attività del commercio e del turismo. Secondo le nostre stime, a fine anno registreranno perdite di fatturato superiori al 50% il 32% degli esercizi commerciali e il 42,4% delle imprese di alloggio e ristorazione. Nel commercio e nel turismo sono a rischio chiusura causa Covid19 circa 150mila imprese, di cui 70mila negozi e 80mila attività legate all’alloggio e alla ristorazione, per un totale di 450mila posti di lavoro.
I consumi di Natale
Lo stop delle vacanze vale circa 12 miliardi di consumi congelati. Ma il 64% degli italiani, quasi due su tre, progetta di spendere meno dello scorso anno anche per i regali e gli altri acquisti di Natale, dalla casa alla tavola. Si tratta della quota più alta mai rilevata dal 2001 ad oggi dai sondaggi Confesercenti-SWG, che si tradurrebbe in una riduzione di 4,7 miliardi di euro di spesa in consumi natalizi. La revisione delle spese si fa sentire anche sotto l’albero: per i regali di amici e parenti, gli italiani dichiarano in media di aver previsto un budget di 162 euro, contro i 194 euro dello scorso anno.
L’effetto cashback
Secondo le rilevazioni condotte da SWG per Confesercenti, il cashback ha convinto solo 1 uno su 2: il 54% dei consumatori ha dichiarato infatti di aver usato o di aver intenzione di usarlo. L’interesse è più alto della media tra 55-64enni (il 69% dichiara di aver usato o voler usare lo strumento), tra i laureati (64%), e tra chi ha una buona condizione economica (62%). Visto che il 70% di chi usa la moneta elettronica spende già più del plafond annuale di 3mila euro fissato per il cashback, riteniamo che l’effetto del provvedimento sull’incremento delle transazioni elettroniche sarà modesto: secondo le nostre stime, infatti, il cashback a regime potrebbe generare nel 2021 uno spostamento di appena il 4% della spesa dal contante ai mezzi di pagamento elettronici.
Quanto costerebbe un nuovo lockdown nelle feste?
Un lockdown ‘totale’ nel periodo delle feste (tra il 23 dicembre ed il 6 gennaio) rischierebbe di portare la perdita di spesa da -4,7 miliardi a circa 14 miliardi in meno, approfondendo la contrazione annua della spesa di un altro 1,4% (che si aggiunge al -10,5% già registrato rispetto allo scorso anno). Un blocco tra Natale, Capodanno ed Epifania comporterebbe infatti per negozi e pubblici esercizi un’ulteriore perdita di 10 miliardi di euro, di cui 3 miliardi di euro circa di consumi in bar, ristoranti ed altri esercizi di somministrazione e 7 miliardi in acquisti di beni e prodotti.
Emergenza Credito
L’impatto della crisi rischia di essere aggravato anche dalle nuove disposizioni normative sul credito. Considerando gli ultimi dati disponibili, calcoliamo che 15 mila imprese siano attualmente protette dalle varie misure di stimolo varate per contrastare gli effetti negativi della crisi. In altre parole, in mancanza di tali sostegni (moratorie e crediti garantiti) queste 15 mila imprese si troverebbero già adesso in grave difficoltà, entrando in sofferenza. Dal prossimo gennaio, però, entreranno in vigore le nuove regole europee sul default, che prevedono meccanismi di classificazione più restrittivi: una spada di Damocle per migliaia di piccole attività del commercio, dell’industria, dell’artigianato e dei servizi, che rischia di far salire a 42mila il numero di imprese in sofferenza. Basterà un arretrato di oltre 90 giorni, superiore all’1% dell’esposizione totale verso l’istituto di credito – anche se di soli 100 euro – per far classificare l’impresa in default. E gli istituti sarebbero costretti a peggiorare automaticamente la posizione dei creditori. Una stretta che verrà avvertita ancora di più per la prevista fine delle moratorie, per ora fissata al 31 gennaio.
Ristori, superare l’Ateco
Fino ad ora i quattro DL Ristori hanno impegnato 18 miliardi di euro di risorse tra la Cig, il rinvio delle scadenze fiscali, il finanziamento dei crediti di imposta, le garanzie per credito e liquidità ed i contributi a fondo perduto per le imprese, voce che ammonta in totale a 4 miliardi di euro. Troppo pochi per ripianare le perdite innescate dall’emergenza, soprattutto in caso di un nuovo stop durante le feste. Altro punto critico della risposta italiana, soprattutto dal confronto con gli altri Paesi europei, sono stati i tempi di adozione e implementazione delle misure. Il ritardo è stato ampio rispetto agli altri paesi considerati e ha compromesso l’efficacia delle misure adottate che, in una fase emergenziale come quella attuale, necessitano, invece, di una trasmissione immediata al sistema economico. Ciò è dovuto a varie concause, in primis l’enorme complessità dei provvedimenti legislativi che si adottano in Italia: per fare solo un esempio, il solo DL 34/2020 (cosiddetto “DL Rilancio”) è composto di 266 articoli e richiede 90 provvedimenti attuativi. Questa complessità, unita alle difficoltà operative della Pubblica Amministrazione, conferma, anche in queste circostanze, il ritardo cronico nell’implementazione delle misure. Si pensi alle decine di migliaia di lavoratori (o aziende che hanno anticipato le risorse) in attesa per diversi mesi della Cassa integrazione, ma anche alle imprese che per ottenere i finanziamenti bancari garantiti dallo Stato hanno dovuto affrontare veri e propri percorsi ad ostacoli spesso non ottenendo risposte. Le procedure per richiedere i contributi sono risultate essere spesso complicate, le scelte tecniche frammentarie, finendo per dare l’impressione di difficoltà insormontabili soprattutto ai piccoli imprenditori. Si è prodotto un sistema poco trasparente e a volte confuso, la gestione dei ristori tramite codici ATECO si è trasformata in una scelta penalizzante e ingiusta per molti imprenditori, rimasti esclusi.
Il rilancio delle imprese parte dal fisco
La riduzione della pressione fiscale sembra essere stata finalmente riportata al centro dell’azione di governo. L’emergenza Covid sta riproponendo con forza la questione dell’eccessiva pressione fiscale che grava su imprese e famiglie italiane. Mentre redditi e consumi calano, infatti, la pressione fiscale è tornata a salire: nel 2020 il peso delle entrate sul prodotto interno lordo italiano aumenterà di 0,5 punti rispetto al 2019, contribuendo in tal modo ad accentuare la contrazione della spesa e degli investimenti. Ancora maggiore è l’aumento ipotizzabile per la pressione contributiva, che potrebbe arrivare a registrare un incremento di 0,8 punti nell’anno. Una pronta uscita dalla più profonda recessione mai sperimentata dalla Repubblica italiana non può dunque prescindere da un intervento di riforma del sistema fiscale. Agendo, contemporaneamente, dal lato delle famiglie e da quello delle imprese. Per recuperare le perdite di imprese e professionisti, infatti, si può e si deve agire proprio attraverso la leva fiscale. Per farlo, sarebbe necessario introdurre per le PMI del commercio e del turismo che hanno registrato perdite del fatturato superiori o pari al 50% rispetto allo scorso anno, un regime di fiscalità di vantaggio, che preveda detrazioni straordinarie per complessivi 3,5 miliardi di euro su ognuna delle dichiarazioni fiscali del 2021 e 2022. Alle imprese colpite dalla crisi sarebbe così implicitamente riconosciuto un ristoro “in divenire” che potrebbe arrivare fino a 10mila euro annui.
C.S. Confesercenti Nazionale