Viviamo nell’epoca dei selfie, degli autoscatti sempre e ovunque, dei cibi fotografati e poi postati sui social, delle vacanze che diventano la “scusa” solo per accrescere il proprio album di foto virtuale o il numero dei followers da conquistarsi attraverso gli hashtag giusti. C’è però chi proprio non riesce a capire dove stia il limite, sia del buon gusto che, soprattutto, del pericolo. E se i selfie nei luoghi in cui si è consumato il genocidio degli ebrei durante la seconda guerra mondiale, o la strage di Chernobyl, scandalizzano perché ci spingono a domandarci come sia possibile non capire l’orrendo spregio che si fa a una tragedia di tali proporzioni, c’è chi per un autoscatto è disposto persino a rischiare la propria vita. Talvolta perdendola, come è accaduto ad una donna precipitata per “80 metri” ed è morta dopo aver scavalcato la ringhiera di un belvedere panoramico del Victoria’s Grampian National Park a Victoria, in Australia, ed essere caduta mentre posava per una foto. La donna, 38 anni di Craigieburn, ha scalato la barriera verso le 15:00 del pomeriggio prima di andare incontro alla sua morte, ha detto la polizia in un comunicato. Un’operazione congiunta di Victoria Police e SES recupererà il corpo della donna dalla scena. La polizia sta ora indagando sull’accaduto, ma afferma che la sua morte non è considerata sospetta. L’ Herald Sun riferisce che il tragico incidente è avvenuto mentre la donna cercava di posare per una foto al belvedere di Boroka vicino a Halls Gap. Si capisce che la tragedia è avvenuta davanti alla famiglia della donna. Un portavoce della SES ha detto verso le 19:00 che la “districazione del corpo” era in corso. Ha detto che la donna è caduta “almeno” per 80 metri dopo aver scavalcato la ringhiera. Le unità SES di quattro regioni stanno partecipando al recupero con esperti e attrezzature di soccorso. Anche l’elicottero della Victoria Police Air Wing era sul posto con la polizia che cercava risposte al tragico incidente. Verrà preparato un rapporto per il medico legale. La morte è avvenuta a Boroka Lookout vicino a Halls Gap, a circa 270 chilometri a nord-ovest di Melbourne. Il popolare sito mostra viste panoramiche dei Grampiani orientali dopo cinque minuti a piedi dal parcheggio. Con il decesso della donna, evidenzia Giovanni D’Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti” c’è una strage silenziosa da selfie. Video e diretta Facebook, una strage continua, una messa in fila di vite sprecate, che davvero è difficile da decifrare con qualsiasi parametro riconducibile al buonsenso della persona umana. Una follia… Una follia che, come rileva il Rapporto Italia 2019 di Eurispes, in sei anni, nel periodo compreso tra il mese di ottobre 2011 e quello di novembre 2017, ha contato ben 259 vittime, giovanissimi che hanno perso la vita nel tentativo di scattarsi un selfie “pericoloso” per poi condividerlo sui social. Ovviamente la macchina della follia dei selfie ha alle spalle un’industria, fatta di fatturati e utili. I selfie scattati ogni giorno sono circa 100 milioni. L’82 per cento dei giovani americani, tra i 18 e i 34 anni, sono soliti farli. E l’aumento della spesa legato a questa attività è pari a circa il 5 per cento. Dal Rapporto, che rilancia uno studio dell’India Institute of Medical Sciences di Nuova Delhi, emerge inoltre che la fascia d’età maggiormente coinvolta è quella di età compresa tra i 20 e i 29 anni (e per la quale si contano 106 vittime), a cui segue quella relativa alla fascia 10-19 anni dove le vittime sono ben 76. Altre 20 vittime si contano nella fascia tra i 30 e i 39 anni, 2 tra i 50 e i 59 anni e 3 tra i 60 e i 69 anni. In totale, delle 259 persone rimaste vittime dei selfie estremi, 153 sono uomini, 106 donne. La maggior parte degli incidenti sono avvenuti a causa di cadute dall’alto di palazzi ma anche montagne e scogliere e dall’investimento da parte di treni: in molti casi, nel tentativo di farsi un selfie sui binari.
c.s. – Sportello dei Diritti