“E’ in corso una vera e propria caccia al siriano” afferma Capannini, Responsabile Progetto Libano
«Esprimiamo forte preoccupazione per i gravi episodi di razzismo avvenuti in Libano nei giorni scorsi ai danni dei profughi siriani. Chiediamo che la Comunità internazionale intervenga prima che la situazione precipiti con violenze ancor più gravi e con il serio rischio che si possa diffondere ad altre città». E’ quanto dichiara Giovanni Paolo Ramonda, Presidente della Comunità Papa Giovanni XXIII, in merito all’espulsione di 1.400 profughi siriani dalla città di Bcharre, nel nord del Libano. Un’escalation iniziata la settimana scorsa, in seguito ad un omicidio di un cittadino libanese operato da un cittadino siriano, che ha portato la municipalità di Bcharre, su pressione di rivolte popolari, a cacciare l’intera comunità siriana. «Dopo il fatto di sangue, cittadini libanesi si sono organizzati in una vera e propria “caccia al siriano”, chiudendo la strada che porta all’ospedale della città per impedirne l’accesso ai siriani feriti» racconta Alberto Capannini, responsabile del progetto in Libano della Comunità Papa Giovanni XXIII. «Sappiamo di squadre che hanno ispezionato ogni casa della città alla ricerca di siriani, picchiando violentemente quelli che incontravano. I feriti gravi sono stati una decina, mentre diverse case sono state danneggiate e bruciate. Ad oggi – spiega Capannini – non è stata ancora trovata una soluzione alternativa per le 400 famiglie che sono state cacciate, le quali dormono per strada nei villaggi dell’Akkar. In quelle zone montuose è arrivata la neve e i cittadini siriani non possono tornare in patria a causa della guerra, mentre la popolazione libanese è esasperata dalla grave crisi economica ed istituzionale». Da oltre cinque anni i volontari di Operazione Colomba, Corpo Civile di Pace della Comunità di don Benzi, sono presenti in Libano al fianco delle vittime della guerra siriana nel campo profughi di Tel Abbas.