Non è sufficiente la buona fede del contribuente che vende su eBay e che ritiene fiscalmente irrilevante i trasferimenti tra privati
Duro colpo alle vendite online. Con un provvedimento che farà discutere perché potrebbe costituire un precedente che potrebbe mettere un freno anche agli acquisti tra privati in rete, interviene la Cassazione che ritiene assoggettabili a tassazione le transazioni effettuate sulle piattaforme di compravendita online. Non è sufficiente, infatti, per la sezione tributaria della Cassazione con l’ordinanza 26554/20 pubblicata oggi 23 Novembre, la buona fede del contribuente che ritiene fiscalmente irrilevante i trasferimenti tra privati. Nella fattispecie, i giudici di legittimità hanno respinto il ricorso di un contribuente a cui l’agenzia delle entrate aveva emesso tre avvisi di accertamento per avere questi esercitato attività di commercio di orologi su eBay senza dichiarare né l’inizio dell’attività né emettere le fatture per le operazioni poste in essere né infine presentare le relative dichiarazioni annuali riprendendo a tassazione i ricavi accertati. Il contribuente ha contestato la pretesa erariale deducendo la propria buona fede. Le corti tributarie di merito hanno respinto sia in primo che in secondo grado la domanda cosi che il giudizio è approdato innanzi ai giudici di Piazza Cavour dove il contribuente ha dedotto l’eccessività dell’utile a fronte delle percentuali ricavabili dallo studio di settore applicabile al commercio al dettaglio di beni usati e, comunque, l’inidoneità delle ordinarie presunzioni trattandosi di commercio operato tramite eBay, come tale suscettibile di essere posto nel nulla anche successivamente alla vendita per l’esercizio del diritto di recesso. Inoltre, i giudici tributari non avrebbero tenuto conto dello statuto del contribuente per avere il ricorrente ritenuto, in buona fede, fiscalmente irrilevante la propria condotta. Gli ermellini, nel dichiarare inammissibile il ricorso, hanno affermato che le contestazioni sono del tutto generiche e che l’accertamento operato dal Fisco non era meramente induttivo ma analitico. Né rileva la buona fede del contribuente poiché, ai fini della responsabilità per le sanzioni, è sufficiente la coscienza e volontà della condotta senza che occorra la dimostrazione del dolo o della colpa, la quale si presume fino alla prova della sua assenza, che deve essere offerta dal contribuente e va distinta dalla prova della buona fede, che rileva, come esimente, solo se l’agente è incorso in un errore inevitabile, per essere incolpevole l’ignoranza dei presupposti dell’illecito e dunque non superabile con l’uso della normale diligenza. Insomma, dopo la decisione di oggi, per Giovanni D’Agata presidente dello “Sportello dei Diritti”, tutti coloro che da semplici venditori privati che hanno attivato dei veri e propri esercizi commerciali su queste piattaforme online dovranno prestare la massima attenzione perché potranno essere messi sotto la lente d’ingrandimento del Fisco.
c.s. – Sportello dei Diritti