Il mondo scolastico ha intrapreso un’iter di continua, lunga e complessa transizione, a causa del diffondersi della pandemia ed è fondamentale tracciare un primo bilancio, seppur parziale e in divenire, sullo stato dell’arte della didattica a distanza. Innanzitutto non è assolutamente vero che la DAD mette tutti gli studenti nelle stesse condizioni, riducendo addirittura le distanze nei percorsi di apprendimento: in realtà le conferma e in molti casi le amplia profondamente. La scuola che già in tempi meno sospetti era tacciabile di portare con sé le diseguaglianze presenti nella società e di non rappresentare più quell’ascensore sociale che una comunità democratica dovrebbe affidarle come compito, può raggiungere con la didattica online, cime di paradossale esclusione e difficoltà. Infatti, con il nuovo modus operandi, le fasce sociali più povere e svantaggiate rischiano una dispersione indotta. Il 33% delle scuole in Italia non è ancora collegato con infrastrutture in fibra ottica, sono circa 15.000 le scuole senza fibra ottica; E siamo davvero in presenza di una scuola rovesciata, dove allievi magari volonterosi, ma carenti di mezzi, che vivono in famiglie disagiate, sono messi nelle condizioni di non poter partecipare alla didattica o di farlo in modo precario. A molti ragazzi mancano i PC, mancano le connessioni stabili, manca un’educazione a un uso responsabile della rete, mancano le conoscenze per applicare semplici istruzioni o addirittura mancano degli spazi domestici adeguati in cui sia possibile svolgere le attività scolastiche. Per non parlare degli studenti con disabilità che, per poter accedere a piattaforme, caricare e scaricare i materiali didattici, necessitano di una presenza costante di adulti, su cui non tutti possono contare.( anche perché in casa si possono avere più figli.)
La DAD tende a spingere adolescenti e giovani, in modo eccessivo, a passare ore davanti a uno schermo di computer o ancor peggio ad associare l’idea di scuola a un telefono cellulare, e con i ritmi contingentati e con i relativi e costanti problemi di connessione, di accessi e di password, porta con sé l’effetto di ridurre gli spazi di discussione e confronto tra docenti e allievi. La scuola è una comunità educante fatta di socializzazione, confronto, cooperazione e condivisione: la didattica a distanza, invece, tende a favorire l’anonimato e la marginalizzazione degli studenti più deboli, i quali risultano, a parte rare eccezioni, ancor più passivi e atomizzati all’interno dei processi di apprendimento digitali.
I docenti, che hanno il ruolo di educatori, scandiscono adeguate modalità pedagogico didattiche, che attengono alla libertà di insegnamento, e alle scelte dettate principalmente dalla specificità del rapporto docente discente, dalla varietà e dalla complessità dei contesti, dallo stile educativo e dalle scelte collegiali delle scuole, rischiano di diventare asettici tecnici informatici e somministratori di video, di esercitazioni e verifiche. Senza dimenticare il tema della privacy e della profilazione dei dati, nonostante le pubbliche rassicurazioni e i patti di responsabilità firmati dalle aziende informatiche. Dal registro elettronico alle piattaforme didattiche, la scuola è un succulento boccone per un capitalismo globale in affanno e alla disperata ricerca di guadagni, da realizzare a partire dal controllo delle vite (gusti, opinioni, abitudini, consumi) dei cittadini digitali, attraverso la gratuità di servizi, che nasconde la vecchia regola secondo cui quando una cosa è gratis vuol dire che la merce sei tu. È forse opportuno chiedersi se questa emergenza, anziché aprire spazi (anche di mercato) alla didattica a distanza, riuscirà a far comprendere, usciti dalla logica emergenziale, al mondo della politica di decidere con lungimiranza e intelligenza, magari incalzato dalla società civile, di attuare un piano straordinario di investimenti pubblici per il rilancio del sistema scolastico nazionale, dopo anni di sciagurati tagli che hanno determinato un drammatico impoverimento delle risorse a disposizione, senza le quali è impossibile realizzare una scuola autenticamente democratica e inclusiva.
La Responsabile della Comunicazione M.A.P. e
Consigliere Comunale di Platì
Arch. Prof. Ersilia Cedro