Animali. In Namibia è moria di foche, migliaglia di feti a riva

Il ricercatore Dreyer: Deceduta oltre la metà dei cuccioli attesi

(DIRE) Roma, 20 Ott. – Sulle spiagge e al largo delle coste della Namibia immagini satellitari hanno consentito di rilevare oltre 5.000 feti di foche sudafricane da pelliccia, una specie che dalle coste piu’ meridionali raggiunge quelle della Namibia in questo periodo dell’anno per dare alla luce i propri piccoli. A fare la scoperta Neude Dreyer, ricercatore di Ocean Conservation Namibia (Ocn), che dopo aver trovato i feti lungo la Baia di Walvis ha impiegato un drone per monitorare la situazione dall’alto e in mare aperto. “E’ un disastro – ha commentato lo scienziato, citato dal Guardian e da altri quotidiani internazionali – perche’ si tratta di oltre la meta’ dei cuccioli che ogni anno vengono alla luce tra novembre e dicembre”. All’origine della moria contribuisce la carenza di cibo, che puo’ causare aborti spontanei nelle madri. Per i ricercatori pero’ una simile quantita’ di interruzioni di gravidanza e’ anomala. Oltre alla moria nella Baia di Walvis, sono stati trovati feti di foche anche lungo le coste di Cape Cross, piu’ a nord. A far temere che l’evento possa avere portata piu’ ampia, secondo Dreyer, c’e’ anche il fatto che molti feti potrebbero sfuggire alla conta poiche’ divorati da altri pesci. Un evento simile era stato registrato dagli scienziati nel 1994, quando alla scarsita’ di cibo si aggiunse un batterio al quale la foca sudafricana da pelliccia e’ molto sensibile. In quell’anno migliaia di esemplari persero la vita per la malattia, oltre a indurre le femmine sopravvissute ad espellere i feti prima del tempo. In questo caso i ricercatori dell’Istituto per la conservazione degli oceani della Namibia non sono ancora riusciti a determinare le ragioni che stanno determinando gli aborti, ma non hanno escluso nessuna causa. Quel che e’ certo e’ che senza cibo la maggior parte delle femmine risulta sottopeso e questo impedisce loro di restare incinte o portare a termine la gestazione, con danni alla sopravvivenza della specie gia’ minacciata dalle attivita’ umane. Il profilo Twitter di Ocn documenta gli sforzi quotidiani di Dreyer e dei suoi colleghi nell’individuare e curare le foche che ingeriscono oggetti di plastica o ne restano inprigionati. Tra questi, i piu’ comuni sono i fili delle reti da pesca o le fascette circolari per sigillare i barattoli, che possono diventare trappole dolorose e a volte mortali per questi animali. (Alf/Dire) 11:34 20-10-20

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