La mancanza di professionalità mina il campo dei buoni libri

La grammatica di un uomo, come la moglie di Cesare, non soltanto deve essere pura, ma al di sopra di ogni sospetto di impurità

Prof. come professori o professionisti della scrittura? Storie insulse, scritte o tradotte in un italiano scadente portano a un livellamento verso il basso. Le conseguenze sono disastrose. Il primo narcisista che passa per strada è spronato a scrivere il più terribile dei romanzi. Nel giro di poco tempo il prodotto è confezionato, a portata di occhi dell’ignaro lettore. C’è una questione più complessa,è una questione di etica che costituisce le fondamenta di un sapere che non tutti i “grandi” possiedono.Mi riferisco ai professionisti più svariati,come si legge sui social,che ricoprono cariche qualificate, dai prof. a chi vuole fare l’arrampicata senza possedere l’ABC della lingua italiana, a chi si tuffa dal ” trampolino” senza sapere a cosa va incontro, insomma a chi è sfacciato e senza pudore o meglio integrità morale; a chi non sa scrivere in italiano!  Talvolta lasciano cadere sulla pagina espressioni divertenti e felici, che però si smarriscono e si disperdono subito. Non hanno il dono della sintassi: non sanno costruire un pensiero, seguendo le sue fasi e i suoi sviluppi interiori, passando scioltamente e velocemente da un punto all’altro, possedendo quell’armonia che la mente deve conoscere anche nei luoghi più ardui e convulsi.

La loro pagina è un ammasso di parole, un groviglio di espressioni indeterminate e confuse. Non riescono a disporre i segni di punteggiatura: un punto, una virgola, un punto e virgola sono per loro esattamente la stessa cosa, appunto perché non posseggono il senso del ritmo e della separazione. Tutto lascia credere che non impareranno mai a scrivere con decoro,continuano a confondere il pensiero, ingarbugliando la sintassi e moltiplicando inutilmente le cerniere mentali. La cosa singolare è che parlano bene, con proprietà, lucidità, sveltezza: il linguaggio verbale rivela la costruzione interiore dei loro pensieri; appena prendono in mano la penna o il computer, accade il disastro. Non sono certa della ragione di questo fenomeno, ma sembra che essi abbiano abbandonato la civiltà scritta, mentre nuotano liberamente e felicemente in quella orale, che li affascina in mille modi. Ma è evidente,che i molti libri letti non agiscano in nessun modo sui loro doni espressivi. Insomma,concludendo, c’è da dire che l’essere come la moglie di Cesare è una frase che calza a puntino in questa nostra epoca e a ben valutare, costituisce proprio quella apparenza che governa ognuno.

Prof.ssa Raffaella Solano

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