«Un neonato rappresenta il convincimento di Dio che il mondo debba continuare»
È bella e vera l’affermazione del poeta statunitense Carl Sandburg, ed è il segno della speranza che s’annida nel mistero della vita. I figli sono una ricchezza, anche se il mondo d’oggi sembra non accorgersene, impegnato com’è a cercar benessere e dimenticando che non c’è boom economico senza quell’infrastruttura umana sulla quale ogni sviluppo non può non poggiare. In settimane affannose e per molti versi dolorose, segnate dall’esigenza di prospettare una possibile ripartenza per venire fuori dall’emergenza sanitaria, si inseguono chimere e si trascura una realtà fatta di numeri e carne: per lasciarsi alle spalle le macerie della Seconda guerra mondiale l’Italia si affidò alla forza delle nuove generazioni, su quel 72% di under 45 che nel 1951 ne costituivano la spina dorsale. Oggi, certifica l’Istat, gli infraquarantacinquenni sono il 47% della popolazione e tendono a diminuire sempre più, pregiudicando ogni ipotesi di rilancio e crescita del Paese. Culle vuote significano futuro compromesso, per tutti. Dalle oltre 560.000 nascite del 2010 si è passati alle circa 435.000 del 2019, con un numero medio di figli per donna pari a 1,29. Il desiderio di famiglia, sempre più estraneo alla scala dei valori e mortificato da una comunità incapace di aiutare i giovani ad affrontare il passaggio alla vita adulta ed alla genitorialità, indebolisce i giovani sulle cui spalle, guardando al domani, dovrebbero poggiare non solo il senso e l’anima del Paese, ma anche – più prosaicamente – la crescita economica, la sostenibilità del welfare ed il peso (enorme) del debito pubblico. Insomma, sembra che si preferisca puntare consapevolmente la prua verso degli iceberg più insidiosi, anche se resta la fiducia che invertire la rotta sia possibile. Ad esempio attraverso il sostegno al principio per cui i figli non sono un costo privato a carico delle famiglie, ma un valore per la collettività. O ancora, garantendo ai giovani una formazione adeguata, così da consentire loro di realizzare appieno potenzialità e progetti di vita. Ma, innegabilmente, serve anche un pacchetto di misure in grado di tradurre in concretezza la necessità di incidere positivamente sul tasso di fecondità come su quello di occupazione femminile, oltre che sul fronte di contrasto alla povertà infantile. Le culle vuote sono il simbolo evidente – e drammatico di un Paese impaurito, ripiegato su sé stesso e sul presente. Per ritrovare una traccia di fiducia, valga la riflessione di papa Francesco: «I figli sono la gioia della famiglia e della società. Non sono un problema di biologia riproduttiva, né uno dei tanti modi di realizzarsi. Sono un dono, un regalo». Un dono unico, memoria di un amore grande.
+ Vincenzo Bertolone