Comando Provinciale Ancona
Nelle scorse settimane è stato notificato un avviso di conclusione indagini per il reato di riciclaggio di dieci milioni e mezzo di euro a una donna di 70 anni di Loreto, che era stata denunciata dai finanzieri della Tenenza della Guardia di Finanza di Osimo (An), all’esito di complesse e articolate attività investigative coordinate dalla Procura della Repubblica di Ancona. Gli investigatori ritengono che il denaro riciclato dalla donna sia il provento dell’attività illecita posta in essere dal compagno di 65 anni, anch’egli loretano. Quest’ultimo è un imprenditore operante nel settore del commercio internazionale di diamanti attraverso numerose società; è noto alle cronache poiché al centro di inchieste giudiziarie della Procura della Repubblica di Milano – riportate anche da trasmissioni giornalistico/televisive nazionali – quale presunto responsabile di truffe, per milioni di euro, perpetrate a danno di numerosi risparmiatori (tra cui alcuni personaggi famosi) ai quali sono stati “venduti”, attraverso canali bancari, diamanti descritti quali “beni rifugio”, che sarebbero stati sopravvalutati rispetto al loro reale valore. Già lo scorso anno l’Autorità giudiziaria di Milano, titolare delle indagini per le truffe, aveva disposto provvedimenti di sequestro patrimoniali finalizzati alla confisca dei beni nei confronti di numerose società e persone fisiche, tra cui i due soggetti marchigiani.
I militari della Tenenza di Osimo hanno sviluppato autonomamente elementi informativi pervenuti dal Nucleo Speciale di Polizia Valutaria, riuscendo nel corso delle investigazioni, grazie ai minuziosi riscontri sulla voluminosa documentazione acquisita, a individuare consistenti disponibilità finanziarie reputate di provenienza illecita, ammontanti a circa 10,5 milioni di euro, somma che per la gran parte la donna ha fatto rientrare in Italia, mediante sofisticate modalità finanziarie.
Infatti, per mascherare l’origine illecita del denaro:
- è stato costituto, in Nuova Zelanda, un trust, mediante apertura di conto corrente presso una filiale sita a Londra di una banca britannica, sul quale sono state depositate somme per 10,5 milioni di euro;
- dal conto londinese i capitali sono stati, successivamente, trasferiti su un conto corrente intestato al predetto trust, aperto questa volta negli Stati Uniti;
- da qui sono stati eseguiti altri trasferimenti verso diversi rapporti aperti in banche lussemburghesi intestati alla donna, che nel frattempo aveva dato mandato ad una società fiduciaria di aprire nuove posizioni finanziarie sempre in Lussemburgo;
- attraverso lo schermo della posizione fiduciaria, utilizzato per rendere ancor più difficoltoso il tracciamento della provenienza della provvista, sono stati aperti ulteriori conti sui quali, poi, sono state accreditate le somme provenienti dai rapporti lussemburghesi.
Le movimentazioni di denaro sono risultate sempre meri flussi di denaro, non vi era nei trasferimenti una motivazione economica sottostante, né ragioni concrete che potessero giustificare detti trasferimenti. I soldi sarebbero stati poi “ripuliti” attraverso il ricorso alla tecnica del “loan back” (prestito a sé stesso) mediante la concessione di un finanziamento da parte di un istituto di credito lussemburghese, che a garanzia ha ricevuto un’anticipazione bancaria di corrispondente importo: in tal modo l’apparente provvista trovava giustificazione nel finanziamento. Una volta ripulito, la gran parte del denaro, 10 milioni, è rientrato in Italia sul conto corrente della donna, rapporto sul quale aveva accesso, in quanto delegato ad operarvi, anche il compagno. Per altro verso, con le indagini è stato evidenziato anche come sono stati utilizzati i soldi rientrati in Italia. Una parte sono stati impiegati per l’acquisto di una proprietà immobiliare, costituita da una lussuosa villa con piscina a Porto Recanati (Mc) del valore di circa 2,5 milioni di euro, mentre altri sette milioni sono stati utilizzati dal compagno per regolarizzare, attraverso l’istituto del ravvedimento operoso, la propria posizione fiscale.
Chiamati negli scorsi mesi a giustificare davanti alle Fiamme Gialle osimane i flussi finanziari oggetto di analisi, la donna e il compagno hanno asserito che le somme derivavano da attività lavorativa svolta dall’uomo all’estero. Tali dichiarazioni di fatto però esponevano l’uomo a conseguenze fiscali circa l’omessa comunicazione all’Erario dei proventi che invece sarebbero dovuti essere assoggettati a tassazione. Il versamento dei sette milioni di euro nelle casse dello Stato attraverso il ravvedimento operoso da parte dell’uomo., avvenuto in quella precisa fase dell’indagine, tuttavia, è sembrato rappresentare una strategia finalizzata a pre-costituire un tentativo di eludere le investigazioni in corso.
Le Fiamme Gialle hanno, però, proseguito gli approfondimenti sul presunto ruolo di riciclatore della compagna oltre che sulla natura illecita dei fondi, che si ritiene siano provento delle possibili truffe nella vendita dei diamanti. Su specifica e motivata richiesta della Procura della Repubblica di Ancona, il G.I.P. del Tribunale dorico ha emesso apposito decreto di sequestro preventivo finalizzato alla confisca di 2,5 milioni di euro, confermato sia dal Tribunale del Riesame, che successivamente dalla Cassazione. Il provvedimento eseguito dai finanzieri osimani ha permesso il blocco delle somme depositate sui conti correnti intestati alla donna, oltre a cautelare l’immobile di pregio alla medesima intestato. L’attività condotta dai finanzieri rientra nel più ampio piano d’azione condotto dalla Guardia di Finanza a contrasto del riciclaggio, finalizzato a intercettare i flussi finanziari generati da comportamenti illegali suscettibili di inquinare il tessuto economico e promuovere le conseguenti iniziative volte al sequestro dei patrimoni accumulati illegalmente.