«La paura è umana, ma combattetela con il coraggio»
Il coraggio, però manca, come manca la forza di indignarsi, ed ancor più quella di sognare. E l’invito che Paolo Borsellino rivolgeva ai siciliani (e non solo a loro) prima d’essere ammazzato dalla mafia, lo conferma. Del resto, se quell’appello avesse trovato orecchie attente e cuori palpitanti, non soltanto le cosche avrebbero trovato strade in salita, ma oggi l’umanità non si ripiegherebbe su sé stessa di fronte al virus. C’è una sottile linea che lega le varie situazioni in cui la paura domina perché a farle da contraltare manca il coraggio. È la paura che i tempi presenti evidenziano, in un contagio che non è esclusivamente di carattere sanitario, ma anche sociale e culturale, con conseguenze potenzialmente devastanti. La pretesa esplosa con la pandemia di mettere in sicurezza ogni aspetto della vita, è il sintomo evidente di una debolezza che mina la libertà personale, stretta nel corpo a corpo tra la vita e l’umano: nell’ostinazione di garantire la salute ed il benessere collettivo sterilizzandoli da ogni possibile infezione umana, è insito il pericolo di rovinarsi l’esistenza e minare la società. Nella cieca competizione all’ultimo decimale, in politica come nella vita quotidiana, si è persa di vista la vera sfida, che non è tra noi e gli altri, ma nell’affrontare e comprendere questioni fondamentali che essendo universali non possono essere affrontate e risolte senza un impegno comune: diritti umani, clima, istruzione, giusto per fare qualche esempio. Ecco la lezione, colta, solo in parte, che ci proviene dalla diffusione mondiale della Covid-19 e rimanda alle parole di Borsellino: occorre coraggio. Non c’è più spazio per distinzioni geografiche e temporali che invece d’esser scudo contro i timori e le ansie, finiscono con l’amplificare il divario tra chi sta bene e chi sta male.
Serve abbandonare un sistema asfitticamente competitivo in favore di un approccio cooperativo e d’un impegno coeso, nella consapevolezza che le grandi questioni dell’umanità sono, per loro natura, un problema di tutti e di ciascuno. Per questo adesso è tempo di ripensare tanti aspetti del nostro vivere insieme, a cominciare dalla coscienza di ciò che più vale e le dà significato. Se il Coronavirus ha evidenziato tante situazioni di vuoto culturale, di mancanza di punti di riferimento e di ingiustizia che occorre superare, come scrivono i Vescovi italiani nel messaggio per la prossima giornata nazionale per la custodia del Creato, pur «in un contesto di incertezza e fragilità, diventa fondamentale ricostruire un sistema fondato sulla centralità della persona e non sull’interesse economico». Vale, ora e sempre, l’insegnamento di Papa Francesco, racchiuso nell’omelia per l’inizio del ministero petrino: «Custodire ogni uomo ed ogni donna, con uno sguardo di tenerezza e amore, è aprire l’orizzonte della speranza, è aprire uno squarcio di luce in mezzo a tante nubi, è portare il calore della speranza».
+ Vincenzo Bertolone