Senegal. In corsia c’è “Docteur car”, il robot che salva la vita

Innovazione anti-Covid presentata da studenti Politecnico Dakar

(DIRE) Roma, 22 Mag. – Si chiama “Docteur Car” e non e’ un medico qualunque. Parla quattro lingue e soprattutto e’ un robot.
Azionato a distanza, fluente in inglese, francese, pulaar e wolof, si muove nelle stanze di isolamento consegnando farmaci, cibo e termometri. Azionato da remoto, perche’ ai tempi del nuovo coronavirus contatto vuol dire rischio di contagio.
“L’idea e’ stata ridurre le interazioni dei medici con i malati che presentano sintomi lievi” spiega uno degli inventori, Mohamed Gueye, studente di ingegneria meccanica a Dakar, all’Ecole Superiore Polytechnique dell’universita’ Cheikh Anta Diop. “Attraverso una app, dalla sala di controllo, ‘Docteur Car’ puo’ essere pilotato a distanza e rivolgersi ai pazienti in piu’ lingue”.
Del robot si legge sull’ultimo numero di ‘Oltremare’, pubblicazione dell’Agenzia italiana per la cooperazione allo sviluppo (Aics). Messo a punto grazie al contributo dell’ingegnere elettronico Ismaïla Deme e dell’esperto in telecomunicazioni Mouhamadou Lamine Kebe, il progetto e’ stato presentato a fine aprile al Centre des Operations Sanitaire gestito dal ministero della Salute del Senegal: con un successo tale che e’ stato poi messo subito alla prova all’Hôpital National de Fann, centro di riferimento universitario per le malattie infettive dove oggi sono i ricoverati pazienti affetti dal Covid-19. Nella struttura, con un bacino di utenza di circa un milione e mezzo di persone, con al lavoro oltre 600 operatori, tra i quali 114 medici e 361 infermieri, “Docteur Car” si sposta di stanza in stanza. Finendo tra l’altro anche su Covid-Free Partecipatory Toolkit, un portale nato in Italia per raccontare e sostenere le soluzioni dell’Africa nella lotta al coronavirus.
“Il robot e’ una di quelle innovazioni che si mantengono in un ambito di fattibilita’ abbastanza spinta” commenta per ‘Oltremare’ Federico Monica, urban planner dello studio di architettura e sostenibilita’ Taxibrousse, uno degli ideatori del sito. “Senza componenti tecnologiche costose, grazie a una collaborazione tra vari dipartimenti dell’universita’ di Dakar, molto attiva sul fronte Covid-19, si e’ riusciti a costruire sistema elementare ma molto funzionale”.
Secondo Monica, “in un’ottica di cooperazione circolare lo scambio tra universita’ e’ interessante”. Il presupposto sarebbe pero’ liberarsi da un approccio ormai obsoleto, che presuppone un rapporto donatore-beneficiario o comunque livelli di sviluppo non paragonabili tra loro. “Appena scattata l’emergenza coronavirus diverse universita’ del Nord del mondo hanno cominciato a dare le loro linee guida su come produrre i gel idroalcolici” ricorda Monica: “In realta’ negli atenei del Senegal o del Togo si stava gia’ facendo lo stesso”.
Oggi lo scambio di idee sarebbe auspicabile e soprattutto possibile. “In generale le attivita’ di fab-lab e innovatori si sono sviluppate in contemporanea e con analoghi risultati a quelli europei” dice l’esperto di Taxibrousse. “Come Covid-Free stiamo preparando un progetto per il networking e l’accelerazione di alcune di queste startup; e ci sono idee legate a centri di ricerca che sembrano promettenti e potrebbero ispirare ricerche simili in Italia”.
All’Ecole Superiore Polytechnique, prima che il robot fosse dotato di telecamere e istruito in quattro lingue, su richiesta del ministero della Salute era stata avviata la produzione di gel idroalcolico. In origine “Docteur Car” era stato immaginato proprio per automatizzare la distribuzione di bottigliette. Il progetto, con l’app per il controllo a distanza, e’ una ricaduta di un programma nazionale sovvenzionato dalla De’le’gation a’ l’Entrepreneuriat Rapide: gli inventori senegalesi avevano trascorso cinque settimane di soggiorno studio a Draper, in un’universita’ della Silicon Valley, frequentando corsi di imprenditoria.
(Vig/Dire) 10:59

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